martedì 24 dicembre 2013

A CASA MIA NON E' NATALE SE.. (REMIX)

Questo post l'ho pubblicato per Natale dell'anno scorso, anche per quest'anno valgono le stesse considerazioni pertanto ecco la mia tavola per la cena del 25.  Auguri a tutti!
Dunque dicevo che a casa mia non è Natale se sulla tavola imbandita per la cena non ci sono nell’ordine:
  • l’insalata russa, la soviet salad come la chiamiamo in famiglia, colei che rende dignità alle carote e alle patate lesse, grazie all’oscena sensualità di una maionese ben fatta. E non sottovalutate la capacità liberatoria di frustare la maionese, quale spurgo da stress prefestività..
  •  i tortellini in brodo, che ormai per il secondo  terzo anno consecutivo (versione aggiornata al 2013) son diventati dei cappelletti all’uso di Romagna (7° ricetta nel libro dell’Artusi) in brodo di cappone, perché come raccomanda il gastronomo “questa minestra per rendersi più grata al gusto richiede il brodo di cappone, quel rimminchionito animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini”. E non fissatevi sulla fatica di realizzare cappelletti grandi come una mentina o poco più: le dimensioni sono decisive per il risultato finale. Ma c’è di più, e quel di più è per colpa del buon Paolo Teverini. Avete presente quel bel grasso che affiora dal brodo di cappone? Ok toglietelo e mantecateci i cappelletti cotti al dente nel brodo, che poi servirete a parte in tazza. E io l’ho fatto, l’ho fatto per due volte.. Teverini non t’avessi mai incontrato! La ricetta è complessa e un tantino opulenta, ma è perfetta nel suo insieme, e una ricetta perfetta non si cambia. Tenetelo a mente.
  • i piselli surgelati cotti con la "carne secca" (rigatino): da sempre ci son stati nei Natali di cui conservo memoria e mia nonna  si raccomandava  che fossero i pisellini primavera, non quei piselli novelli cicciuti, a detta di lei troppo dolci.. e a questo proposito care amiche converrete con me che questo è l’unico caso in cui son da preferire i pisellini fini..
  • le confezioni di polistirolo con i datteri allineati e la forchettina di plastica bianca a forma di ballerina. Quando mi son recata per studio in Tunisia per apprendere le tecniche irrigue in condizioni di aridità, ho cercato disperatamente le signorine/ballerine con la gonna in paglia, ma ho trovato solo uomini in jeans che giravano per le piantagioni di datteri col motorino. Babbo Natale non è il solo che non esiste..

martedì 17 dicembre 2013

REGALARE UN VINO

-Amore ho un regalo per te
Mi piacciono i regali con quella forma lì, la forma di una bottiglia, impachettati nella busta di carta e mi piace quando la busta pesa un po’ di più del solito: vetro spesso uguale bottiglia importante..generalmente
-Caspita speravo bene, ma non così bene!- lui che si intende di champagne più o meno quanto io mi capisco di meccanica quantistica, tra tutte le maison, suona alla porta dei fratelli Chiquet e se ne esce con Jacquesson cuvée 736. Roba da non crederci. Sono senza parole. Credo vi sia stato un intervento della Divina Provvidenza, altrimenti non mi spiego..

-Che c’è amore non ti piace il Jackson?
-Come scusa?- Cerco di soffocare la risata che mi nasce nella pancia al pensiero che Jacquesson con Jackson c’entra quanto il culo con le quarant’ore (espressione dialettale toscana che sta ad indicare: non c’entra un tubo), ma non mi pare carino scoppiare a ridere, mi limito quindi a scandire
-J a c q u e s s o n, amore si dice Jacquesson e non è una semplice questione di accento.


Cuvée 736 è la mia prima volta! e mi lascia di stucco, come solo lontanamente potevo immaginare.
Nella controetichetta ci sono molte informazioni sul contenuto della bottiglia, vivaddio, i frères Chiquet si meritano l’applauso. Non mi dilungo sulla pallosa descrizione del vino, non se ne può più del frutto che si allunga sostenuto dalla mineralità e bla bla.. Mi viene in mente solo una parola: ricco, e ognuno ci legga ciò che vuole.

Mi voglio semmai soffermare su un altro aspetto: regalare un vino.
Sono sempre più convinta del fatto che regalare un vino sia una cosa ardita. Non è come regalare un capo di abbigliamento o un gioiello, che si acquistano con la clausola “tenga lo scontrino se dovesse cambiarlo..” e nessuno si scandalizza se il giorno dopo vai a cambiare la camicetta fucsia con una celeste o ti rechi dall’orefice per far cambiare il cinturino all’orologio..Del resto ognuno ha i suoi gusti.
Ma un vino non si cambia, hai voglia a tenere lo scontrino. E non è solo colpa dell’enotecario, il quale col cavolo che si riprende la bottiglia che hai ricevuto in regalo per cambiartela con un'altra di tuo gradimento. Come dargli torto,  lui mica sa dove lo hai messo quel vino prima di riportarglielo, magari lo hai tenuto nella macchina parcheggiata al sole con i 40 gradi agostani, per non dimenticarti di andarlo a cambiare alla prima occasione disponibile.
Perché se anche vi fosse un enotecario che ti conosce ed è disposto a barattare il tuo regalo con un’altra etichetta, il vino resta comunque un regalo che non si cambia. Come non si cambia un libro, anche se te ne hanno regalato uno di Fabio Volo, così come non si cambia un cd musicale. È una cosa troppo sgradevole, quasi un’offesa, è come dire alla persona in questione, che ti ha fatto quel regalo, che legge libri spazzatura e che ascolta una musica dimmerda. E come se non bastasse beve pure da schifo..
Se si decide impavidamente di regalare un vino è bene tenere a mente che, mai come in questo caso, il prezzo non sempre è indice di gran prodotto: a volte paghi fior di eurini non per il contenuto alcolico ma per quanto vuole essere fico il produttore. Insomma non basta scegliere la confezione astucciata per essere sicuri di far bella figura.  Anche i vini Giordano ti arrivano a casa nella cassetta di legno.
È pur vero però che se si decide di regalare una bottiglia, ci si può indirizzare su alcune categorie di vini in cui il margine di errore si riduce notevolmente; lo champagne appartiene certamente a una di queste. Se poi si decide di regalarlo a una donna, accertiamoci prima che non appartenga alla categoria di quelle born in the Mesozoico per cui “no il bianco non mi piace, mi fa venire il mal di testa”, o peggio “non mi piace lo champagne perché è amaro”. Soprassediamo, e in tutta tranquillità regaliamole un bel gioiello della più infima bigiotteria plastificata.