giovedì 27 dicembre 2012

A CASA MIA NON E' NATALE SE..

Se sulla mia tavola imbandita per la cena di Natale non ci sono nell’ordine
  • l’insalata russa, la soviet salad come la chiamiamo in famiglia, colei che rende dignità alle carote e alle patate lesse, grazie all’oscena sensualità di una maionese ben fatta. E non sottovalutate la capacità liberatoria di frustare la maionese, quale spurgo da stress prefestività..
  •  i tortellini in brodo, che ormai per il secondo anno consecutivo son diventati dei cappelletti all’uso di Romagna (7° ricetta nel libro dell’Artusi) in brodo di cappone, perché come raccomanda il gastronomo “questa minestra per rendersi più grata al gusto richiede il brodo di cappone, quel rimminchionito animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini”. E non fissatevi sulla fatica di realizzare cappelletti grandi come una mentina o poco più: le dimensioni sono decisive per il risultato finale. Ma c’è di più, e quel di più è per colpa del buon Paolo Teverini. Avete presente quel bel grasso che affiora dal brodo di cappone? Ok toglietelo e mantecateci i cappelletti cotti al dente nel brodo, che poi servirete a parte in tazza. E io l’ho fatto, l’ho fatto per due volte.. Teverini non t’avessi mai incontrato! La ricetta è complessa e un tantino opulenta, ma è perfetta nel suo insieme, e una ricetta perfetta non si cambia. Tenetelo a mente.
  • i piselli surgelati cotti con la "carne secca" (rigatino): da sempre ci son stati nei Natali di cui conservo memoria e mia nonna  si raccomandava  che fossero i pisellini primavera, non quei piselli novelli cicciuti, a detta di lei troppo dolci.. e a questo proposito care amiche converrete con me che questo è l’unico caso in cui son da preferire i pisellini fini..
  • le confezioni di polistirolo con i datteri allineati e la forchettina di plastica bianca a forma di ballerina. Quando mi son recata per studio in Tunisia per apprendere le tecniche irrigue in condizioni di aridità, ho cercato disperatamente le signorine/ballerine con la gonna in paglia, ma ho trovato solo uomini in jeans che giravano per le piantagioni di datteri col motorino. Babbo Natale non è il solo che non esiste..

lunedì 17 dicembre 2012

CIBI PATRIMONIO DELL’UNESCO


“La pasta d’acciughe Balena andrebbe candidata come patrimonio dell’umanità”. Così inizia il divertente ricettario di Elena Loewenthal, Il mio piatto forte, ovvero la cucina ai tempi di Facebook, edizioni Einaudi.
Divertente a patto di non soffermarsi su un paio di ricette tra cui la pappa al pomodoro che, durante la cottura, come suggerisce l’autrice al fine di ottenere un effetto più raffinato, conviene passare al frullatore a immersione (prego?).
Tecnicamente turbodisintegrare col minipimer la pappa al pomodoro non la rende inedibile: infatti se si sfoglia il libro dei Guinness World Records ci si rende conto che si possono mangiare biciclette, ingoiare tratti di rotaia, apprezzare la croccantezza di una blatta orientalis. Semplicemente l’omogeneizzato di pappa al pomodoro non è la pappa al pomodoro toscana e per di più è una cosa infame, cioè la fame la fa passare. La ricetta è a pagina 97: nessun problema, voi saltate direttamente da pag 96 a pag 98 e proseguite sereni la vostra lettura..
Mi scuso per la digressione sulla pappa, in realtà volevo parlare di altro. Se la pasta di acciughe per la sua versatilità risulta essere un ingrediente strepitoso, pensavo a quali altri ingredienti possono candidarsi insieme al lei per l’ambito riconoscimento UNESCO.
Di sicuro la scorza di limone, di sicuro la noce moscata e altrettanto sicuramente l’olio extra vergine di oliva.
Altri candidati?

giovedì 13 dicembre 2012

IN VINO VARIETAS


“In Vino Varietas”, questo il titolo dello spettacolo con il quale mercoledì scorso l’AIS Delegazione di Firenze ha debuttato a teatro.
Il sipario si apre con un brano della Cavalleria Rusticana, in cui il venerato Delegato veste i panni di compare Turiddu. Ed è nota a tutti la triste fine che lo attende. “Se alla prima scena fanno fuori il temibile Delegato..beh si comincia bene!” mi vien da pensare..
Ma è il vino il vero protagonista degli sketch che seguono, altamente autoironici, un po’ come a voler dire “in barba a tutti quelli che pensano che i sommelier siano solo degli spocchiosi sofisticati, che si prendono troppo sul serio”.
E si ride, si ride di gusto, complici i buffi travestimenti e le interpretazioni “magistrali” degli anziani, pardon, i veterani della delegazione che fanno i cenci alle nuove e giovani leve.

Esilerante la scena dal titolo Svinitaly: i grandi vini della toscana dialogano prima di andare a cena e Bruno l’ilcinese, impeccabile per eleganza e austerità, sfodera un linguaggio forbito interrotto da frequenti intercalari “maremma impestata di merlot!”. Perde poi irrimediabilmente il suo aplomb per correre dietro a una giovane bianca vergine dell’Empolese (si sa,  il mondo va così.. anche a Montalcino) tra gli sguardi di disapprovo di Verna e Santino, altri due noti vini toscani: o provate a indovinare quali?
E all’insidiosa domanda di Vinosfuso: “senti Bruno ma chi è meglio tra te e Barolo?”, Brunellino con falsa modestia dice di essere lui il migliore, perché “io almeno un mi so’ mai chinato” (a 90° s’intende!).
Il sipario si chiude con La Traviata e gli attori che si abbandonano al valzer cantando e brindando insieme al pubblico:
Libiamo libiamo ne’ lieti calici
Che  la belleza infiora
E la fuggevol fuggevol ora
S’inebrii a voluttà
Libiamo ne' dolci fremiti
che suscita l'amore,
poiché quell'occhio al core onnipotente va
Libiamo, amore fra i calici
più caldi baci avrà.

lunedì 10 dicembre 2012

MASSIMO BOTTURA: LA PUREZZA DEL SAPORE

Eataly Roma. Serata conclusiva del ciclo di incontri “Il romanzo popolare dell’alta cucina italiana”.
I grandi interpreti della gastronomia italiana degli ultimi cinquanta anni raccontano le loro esperienze, in un viaggio che è partito da Mirella Cantarelli e si è concluso con il più grande: “un italiano in vetta al mondo, la tradizione che diventa emozione": è la volta di Massimo Bottura.
Io e la mia degna compagna di trasferte gourmet Stefania Pianigiani siamo lì in pole position.
A occhi chiusi ci lasciamo  condurre in un viaggio lungo il Po, dall’Adriatico a Modena: in un cucchiaio ci sono l’Emilia e la Romagna, c’è il sale di Cervia, lo scalogno di Romagna, il porro, i tartufi dei colli modenesi, i funghi. Sta tutto lì dentro quel piccolo boccone, che esplode in bocca scandendo i sapori nitidi uno a uno in magistrale equilibrio. È il sapore della terra, del bosco e del mare e un omaggio a coloro che in quella terra hanno le radici.
A seguire la potenza della tradizione che si esprime in un risotto cacio e pepe, omaggio dello chef a uno dei piatti simbolo di Roma che stasera lo ospita. Vialone nano, cotto in acqua di parmigiano, separata dalla sua parte proteica e poi da quella grassa, ovvero il “Fiore di Parmigiano” con il quale si realizza la mantecatura. A completare una spruzzata di acqua di pepe, frutto della distillazione di sei pepi diversi. Direzione Umami. Perché questo risotto non ha note di grasso, non è dolce né salato, non è amaro né acido: è semplicemente saporito. E cosa c’è di più vicino all’ umami se non il Parmigiano Reggiano? Ed ecco che per il risotto si utilizza non un semplice brodo ma un vero e proprio dashi emiliano (passatemi il termine), in cui il Parmigiano fa le veci di alghe kombu e katsuobushi. Risultato: la purezza del sapore.
È stata la seconda volta per il mio palato. E la prima fu all’Osteria Francescana.

mercoledì 5 dicembre 2012

NONNE FAMELICHE

Sala gremita di vecchiette in gita domenicale. Hanno prenotato un intero pullman per venire a trovare il loro ex parroco, che adesso si occupa della Pieve di Doccia e di alcuni paesini limitrofi.
Al momento della prenotazione si stabilisce un menu e l’organizzatrice si raccomanda che sia leggero e non esagerato nelle quantità: “sa, siamo tutti anziani!”
Le una in punto; dal pullman scende una processione di nonne in scarpa ginnica bianco latte, alcune munite di bastone, altre in giacca a vento dai colori sgargianti.
Prima di sedersi a tavola tutte in coda per il bagno, ci vorrebbe il numerino come dal pizzicagnolo onde evitare scene del tipo : “c’ero prima io!” oppure “venvia fammi passare che un la reggo più..”
Qualcuna distratta (o forse furbetta?) entra nella dispensa chiedendo “è questo il bagno?”
No signora non me la faccia nella cella frigo per carità..
Finalmente tutte a sedere, hanno fame e il prete decide di posticipare il discorso di benvenuto: le signore vogliono mangiare mica discorsi!
Iniziano le danze: i crostini, i salumi, le tagliatelle, i ravioli, l’arrosto, le patate al forno, le rape saltate, la torta al caffè. Altro che club della terza età, questo è più un football club dopo il big match.
Condivido l’evento delle nonne/rugbiste su facebook e qualcuno mi mette in guardia: occhio che ti sfasciano il locale con una mega rissa.
Il rischio c’è: si lanciano sui vassoi con forchette minacciose, si litigano il fegatello, mi richiedono i ravioli ai carciofi: “lei ne ha presi 5 e io solo 3”; “a me non sono toccati i crostini coi porri..”. Qualcuna si lamenta “ah ci sono solo due primi? Perché un s’è scelto i’ trittico?”
Un'altra con capello grigio-celeste: “oh pallina ascolta (pallina sarei io): icchè l’è faraona questa? Assunta che lo vuoi un pezzo anche te?”,
 “ovvia giù dammelo, unn’ho preso nemmeno i’ tè stamani..”
Dopo il caffè pimpanti e fresche come rose si apprestano a risalire sul bus: le attende una visita al presepe e a seguire l’ora di meditazione; “oh Gina tanto dopo i canti e ce lo faranno un rinfreschino..”