Approfitto di un venerdì di calma
per guardare a pizzicotti e bocconi la Terra dei cuochi. Senza voler scendere
nel merito (e nella noia) di una trasmissione lenta e per nulla originale, o
nel (de)merito di una Clerici che senza
la giostra di cori canzoncine e battimani fa venire il latte ai ginocchi, mi
vorrei soffermare sul ruolo dello chef -tristemente appellato superchef-
cattivo ad ogni costo.
E che palle!
(premetto che condivido la cattiveria quando ti saltano il fungo nello scalogno o
ti fanno mangiare la coscia di rana senza neanche aver tentato di disossarla,
allora lì il cuoco incazzato ha un senso). L’immagine dello chef raffigurato
più stronzo che cuoco ha già fatto il suo tempo e ha già raggiunto il suo
triste apice in altre trasmissioni. Ok è tempo di ricominciare.
Tutti sanno chi è Davide Scabin, non importa che io stia qui ripercorrere i suoi colpi di genio, ma forse quello che non tutti sanno è che
quel signore che ora è chiamato a fare l’infame patentato è lo stesso che con i
clienti siede fino a notte fonda dietro le quinte del Combal.Zero a sorseggiare
gin tonic, chiacchierando a guisa di vecchi amici tra battute taglienti,
sorrisi e grande senso di ospitalità. Questo è il Davide Scabin che ho
incontrato e che c’ho in mente e la televisione si conferma un potente mezzo di
distorsione della realtà. E perciò mi sono sentita libera di spengerla, senza neanche aspettare l’ingresso di Moreno
Cedroni. Ci sono stati e ci saranno altri luoghi e altri momenti per incontrarlo sul serio.
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