Nel campo di olivi leggermente in pendenza la tavola è imbandita. C'è
il buon vecchio crostino coi fegatini, ci sono i fichi verdini avvolti da uno
scialle di salame, il pecorino burroso delle crete senesi e il vassoio
ancora vuoto che attende la rosticciana e le salsicce da cuocere
sull'altare della brace. Pane sciocco e una pentola di fagioli zolfini
lessati con aglio e salvia, da condire con l'olio buono del Campino del Paiolo
Il cane gironzola tra gli alberi con la sua palla in bocca, poi si acquatta all'ombra del tavolo.
Aspetta paziente che cada qualcosa, sebbene le bocche agguerrite del dottore, di Gino e della miss BB non facciano ben sperare.
Il quadretto bucolico è a tratti interrotto dall'eterna lotta coi tafani, bestie immonde e di rara utilità, cui oggi si
aggiungono eserciti di formiche ricciaculo, quelle col capo rosso che
arricciano il didietro e mordono fetenti braccia e polpacci.
Arriva
l'eco di qualche moccolo sussurrato contro la brace d'olivo ammollata
dai temporali di questi giorni, che stenta a partire. Ci vorrà tutta la
pazienza d'un poeta chiantigiano e tutto il grasso colante delle
salsicce per animare quei carboni stentati.
Si leva nell'aria un fumo denso
intriso di grasso di maiale e essenze d'olivo, che richiama l'attenzione
di un gruppetto di turisti in visita al paese. Da dietro il muretto a
secco rubano scatti di vita agreste che gli varranno più d'ogni souvenir del bel paese.
Se solo potessero immaginare quanto è buono il canaiolo di Gianluca dalla forte speziatura
quasi piccante, con una bella fetta di pan pepato.
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