venerdì 23 febbraio 2024

Il vino fa cantare



Abbiamo riaperto l’enoteca da poco, di venerdì, dopo qualche settimana di ferie, quindi è un continuo arrivare di clienti abituali che recitano tutti la stessa cantilena.. ”finalmente avete riaperto!” , “oh finalmente siete tornati..!”, “ma che si riapre di venerdì?”, “perché la riapertura il venerdì?”.. il che mi fa pensare due cose: noi ristoratori in ferie non ci dobbiamo andare perché poi i clienti si lamentano e che i clienti si lamentano anche quando si riapre, specie di venerdì, ma di questo il perché mi sfugge. Quel che è assodato è che i clienti si lamentano sempre e comunque. 

Ed il giorno della riapertura è passata anche la mia amica Aurora a prendermi a fine servizio.

-Finalmente avete riaperto! Certo di venerdì parliamone..

E ti pareva, avanti il prossimo.

È arrivata con un po’ di anticipo, quindi s’è messa seduta al bancone dell’enoteca a aspettare che finissi il turno.

-Dai mentre aspetti ti offro una bollicina- le dico- ti faccio assaggiare questo Lambrusco di Sorbara

-È buono Sabri?

-Si, direi di sì; ora non ti aspettare un Crystal..

L’aurora tace, non ha colto la battuta; mi sa che l’unico Crystal che conosce si chiama Billy e fa l’attore. E infatti..

-ah beh se mi fa guaire come Meg Ryan al ristorante in Harry ti presento Sally ne prendo un altro bicchiere

A giudicare dagli ultimi incontri, le probabilità di incontrare uno qualunque che ci fa fare quei versi sono pari a quelle di incontrare Sesto Caio Baccelli a passeggio per Brozzi, quindi già le verso il secondo bicchiere.

-dici che funziona Sabri? Me ne hai dato un secchio

- se aspetti che a farti urlare sia proprio quell’uomo, che in trent’anni non s’è ancora presentato stiamo fresche. Bevi dai

- Sabri anche io un tempo cercavo intelligenza, comprensione, attenzioni, è che purtroppo mi piacciono i maschi, quindi ho smesso

Severa ma giusta.

Nel frattempo ho finito il turno e le propongo un altro giro di vino prima di andare: -Assaggia questo è francese.

-Sabri io parlo di cose serie e tu pensi sempre e solo al vino

Non è vero. Anche se a volte ho preferito la botte a una botta. Ma mi guardo bene dal dirlo a lei, che già la situazione mia è compromessa

Mi siedo sullo sgabello accanto a lei, mi pare un po’ in ansia, ballonzola la gamba nervosamente, il che rende nervosa anche me. Le metto la mano sulla coscia, - ooohh, che hai oggi, i’ palletico?. O forse si sta chiedendo dove cavolo sia il fantomatico principe azzurro che la farà ruggire di piacere.

Che buffa la parola palletico, è usata in dialetto fiorentino per descrivere una persona che è agitata e non riesce a stare ferma. Ma chissà da dove viene questa parola?  Spippolando sul telefono scopro che proviene da parletico, ovvero “il complesso dei disturbi motori oggi detti parkinsonismo, e in particolare il tremore delle mani e delle dita”. E scopro anche che esiste in rete Il Vocabolario del Fiorentino Contemporaneo a cura dell’Accademia della Crusca, che vi consiglio di spulciare sentitamente. Nella mia ignoranza pensavo che palletico venisse da spallarsi, sai quando ti fai due palle e ti viene da tamburellare le dita sul tavolo o picchiettare il piede in loop. Ma mi sbagliavo.

-sai che è buono questo vino francese, come si chiama? E intanto mi fa cenno con la mano di mescere, vai vai..

“Chateau Rimbuz”, le rispondo sarcastica mentre rimbuzzo il suo bicchiere.  Che nome fantastico per un grande vino!

A prescindere dal nome, come ogni buon vino lui fa quel che deve fare: ci rende allegre e un po’ brille tanto che mentre camminiamo per smaltirne l’effetto l’Aurora attacca una canzoncina stupida: “ci son due cocchebrille ed un orango tango, due giovani pulzelle e l’aquila reale..”

Io la seguo d’istinto e grazie al vino che ci fa cantare ci scordiamo dell’agognato superman che ci farà urlare.

martedì 13 febbraio 2024

Odio fare la spesa al supermercato



Ma finisco sempre per andarci. Mi sembra la spesa più veloce e c’è il parcheggio. Ma questo non  rende certo l’esperienza più agevole, almeno per me.

Prima di tutto la lista della spesa: al supermercato diventa necessaria, non si va senza il foglietto di “cosa manca in casa”, appeso con la calamita al frigorifero e compilato metodicamente mano a mano che le cose finiscono. Mentre ad andare per negozi la lista è quasi inutile: se devo andare dal fornaio so che devo comprare il pane, se mi devo fermare dal macellaio non ho bisogno di scrivere nella lista: carne. Siccome io sto alla metodica quanto uno stitico sta alla regolarità intestinale, la lista la compilo all’ultimo momento, prima di uscire di casa, alla rinfusa tipo: latte, cavolo, shampoo, biscotti, detersivo, pesche, calamari e così via. Questo mi costringe a scorrazzare su e giù per le corsie, su e giù dalla scala mobile e talvolta ripasso dal via anche tre volte. Succede molto spesso che dimentichi la lista sul tavolo di casa, dopo aver infilato in borsa le chiavi..

Vabbé questi son dettagli

La questione frutta e verdura all’ingresso e detersivi, turbine idroelettriche e incudini di ferro a fine giro, che serve a fare marmellate e puré direttamente nel carrello, forse incentiva l’acquisto di barattoli in vetro o maxi rotoli di scottex, non mi pongo più la questione. Però a me già mi indispone fin dall’inizio, perciò non può che peggiorare.

Ma il mio vero cruccio è l’altezza degli scaffali: esagerata per quella fetta di popolazione che come me raggiunge a stento il metro e mezzo. E poi si dà il caso che i prodotti che mi interessano stanno sempre in cima e mi tocca chiedere a qualcuno che passa per di lì “scusi mi potrebbe prendere quello shampoo, sa io non ci arrivo”.

Meno male che gli assorbenti stanno ai ripiani più bassi..

Un altro piccolo problemino mio è col carrello. Siccome non mi piace stare nel supermercato, cerco di fare più veloce che posso, pensando ogni volta di essere esageratamente più furba degli altri. Quindi lascio il carrello da una parte, che io considero strategica, pensando “qui lo ritrovo facilmente” e mi muovo come una saetta tra un reparto e l’altro, per poi vagare per minuti confusa perché non ricordo dove ho parcheggiato il carrello.

Da un po’ di tempo ho notato che sono sparite -o quasi- le comunicazioni di servizio sparate dagli altoparlanti. Vi ricordate?

 -Stornooo alla cassa cinquueeee-

Oppure

-Un addetto è desiderato al reparto latticiniii con la massima urgenzaaaa-

pronunciate con quella nenia unica e distintiva da supermercato, che a me ricordava tremendamente l’intonazione del “rabbrividiamoooo” di Natolia negli sketch dei Mimi di Bratislava con Aldo Giovanni e Giacomo. Peccato, quelle comunicazioni erano la cosa più divertente della spesa, che a tratti somigliava a una puntata di Mai dire Gol.

mercoledì 3 gennaio 2024

IL COCKTAIL PER L'UOMO SENZA NOME



Le mie due amiche del cuore, Marta e Aurora ieri sera a cena da me..

La Marta aveva un incontro da raccontare. I pop corn per godersi lo spettacolo erano d'obbligo. Ne ho preparati un secchio. Io e l'Aurora iniziamo subito a percularla, ancora prima dell'aperitivo.  

-e allora mambo, mambo sudando?- canticchia l’Aurora e mi strizza l'occhio
-rumba senza baci né carezze*?- incalzo io, muovendo goffamente il bacino
-dancing with your eyes closed? prosegue l'Aurora, abbozzando le note di Ed Sheeran e lasciandomi sinceramente perplessa
al che la Marta sgrana gli occhi: - eh no, con gli occhi chiusi mai! E poi che razza di canzone sarebbe??
tossisco e con sguardo attonito pronuncio a voce bassa -una di Ed Sheeran..
Vedo la borsa della Marta volare verso l'Aurora. Del resto se prima canti Capossela e poi inciampi sull'EdChup**, una borsetta in testa è il minimo che ti spetta.
A momenti scatta la bagarre e non ho ancora finito di preparare il Martini.. -allora vuoi dirci come si chiama o no?- tento di ripristinare il decoro
Silenzio
..
..
Poi alla fine la Marta ci confessa di non ricordarsi il nome del tizio dell’altra sera. Potete immaginare quanto s'è riso. Anche adesso mentre scrivo c'ho le lacrime.
La cosa è andata più o meno così: lui si è presentato nella confusione del locale, la musica alta ecc., e lei dice di non aver sentito il nome (??), poi hanno cominciato a ballare e poi a chiacchierare fitto fitto sulle poltrone e: “mica avevo bisogno di chiamarlo, mi stava appresso come una cozza, per cui non mi è venuto di dire ehi scusa ma com'è che ti chiami?”
Fatto sta che adesso ha il suo numero, ma senza un nome.
In vari anni di onorata carriera non m'era mai capitata una cosa così divertente: il seduttore senza nome, l’anonimo rimorchiatore, l’insolito ignoto: qui c’è roba per decine di post, addirittura per un intero romanzo rosa.
-Marta non ti preoccupare glielo troviamo noi un nome!
-dicci cosa avete bevuto e avrai quel nome
-ma che no so, ha ordinato lui per me..
-ma era più una roba da Tia Maria e Tio Pepe o da Batida de cocco?
-uffa non mi ricordo, c’era del ghiaccio..
-eh in effetti col ghiaccio il campo si restringe molto..
non ci diamo per vinte: -sguardo languido e vagamente triste da Blues curacao o il bel meridionale protettivo, insomma un Southern Confort?-
-e se fosse il minorenne Granatina e Angostura?! grida inorridita l’Aurora
Passiamo in rassegna tutto il superalcolico ingerito in trent’anni, dal Triple sec all’Amaretto di Saronno, dal Baileys al Cognac fino a che io, al terzo Martini e qualche pop corn, non Caipirinha più una mazza, e accasciata sulla sedia le ho lasciate a ragionar di Bellini..


*liberamente ispirato a Rumba senza palme né carezze, a cura di Danilo Manera. Ed. Feltrinelli. Da leggere
**la linea speciale di Ketchup Heinz firmata Ed Sheeran. Era in giro qualche anno fa

PS. So che volete sapere com'è andata :-) Quando mi son riavuta le ho trovate a tavola a mangiare pane burro e acciughe. Chiamale sceme. Insomma abbiamo partorito un piano: "dai chiamiamolo adesso, tutte e tre insieme, noi ci presentiamo e lui farà altrettanto". Per fortuna sua il poveretto non ha risposto.

martedì 26 dicembre 2023

Regalare un vino



Natale, tempo di regali, e via tutti a conservare scontrini o leggere la clausola resi, nel caso il regalo non dovesse piacere. Nessuno si scandalizza se il giorno dopo la festa si va a cambiare la camicetta fucsia con una a minor impatto cromatico o se ci si reca dall'orefice per far cambiare il cinturino all'orologio. Ognuno ha i suoi gusti. 

Ma quando il regalo è un vino hai voglia a tenere lo scontrino, un vino non si cambia. E non è solo colpa dell'enotecario, il quale col cavolo che si riprende la bottiglia che hai ricevuto in regalo per cambiartela con una di tuo gradimento.

E anche qualora vi fosse un enotecario disposto a barattare quel dono con un'altra etichetta, sicuro dell'integrità della bottiglia dopo la sortita dal suo scaffale, resta il fatto che un vino è un regalo che non si cambia. 

Così come non si cambia un libro anche se te ne hanno regalato uno di Fabio Volo, così come non si cambia un CD (sempre che qualcuno li regali ancora). E' una cosa troppo sgradevole, quasi un'offesa, è come dire alla persona che ti ha fatto quel regalo, che legge libri spazzatura o che ascolta musica dimmerda. O che peggio ancora beve da schifo..

Nella mia esperienza non mi è mai capitato né di riportare un vino indietro, né di doverlo cambiare a qualche cliente. E onestamente neanche di regalarlo per Natale. Perché mi scatta un meccanismo subdolo: scelgo pensando a cosa piace a me, non a ciò che berrebbe il destinatario. Non compro vini che non mi piacciono anche se devo regalarli. E se compro quelli che mi piacciono poi non li regalo, li tengo per me. 

Detto così suona malissimo se in più si considera che lavoro in una enoteca; mi suonano tutti i tasti dolenti. Perché in realtà penso che regalare un vino sia una cosa bellissima, ma a onor del vero si gode molto di più quando il vino ce lo regalano.

Solo una volta sono rimasta davvero male aprendo uno shopper portavino. A  farmi rimanere di stucco, non è stata la bottiglia in sé, ma la frase che l'accompagnava: "E' per te, è un vino hipster con lo sguardo volto al passato..". La frase nerd che m'ammerd :-(

E credo sinceramente che volesse far colpo.

Ho respirato e l'ho guardato negli occhi; un lungo intenso sguardo di fraintesa. Mille pensieri mi sono frullati in testa tra un passato di verdura e un passato remoto, un passito ma non muffato, un vino vecchio, morto trapassato a miglior vita. Conclusione: "Ma che minchia sta dicendo?"

Un bel regalo distrutto. Il più delle volte un vino parla da solo, ma ci manca l'umiltà di non aggiungere altro. Dobbiamo per forza descriverlo, raccontare una storia dare un perché. Scrivere biglietti da deserto cerebrale. 

Che è andata a finire male si intuiva da sé. Ma la bottiglia, che fine ha fatto?

L'unica volta in cui ho ceduto alla tentazione del riciclo del regalo. E' bastato cambiare busta e non mettere biglietto di auguri. Quella bottiglia ha fatto felice qualcun altro. Molto felice.



sabato 9 dicembre 2023

La Parola dell'Anno 2023 è RIZZ


E' RIZZ la parola della lingua inglese dell'anno 2023 secondo i lessicografi dell'Oxford University Press, la seconda casa editrice accademica più antica del mondo e l'editore dell'Oxford English Dictionary. 

Rizz sta ad indicare stile, fascino, carisma, attrattiva o capacità di attrarre un partner. Deriva dalla contrazione di "charisma" e già qui si potrebbe disquisire sulla capacità di abbreviazione degli inglesi. Forse abbreviarla con char** avrebbe assunto una connotazione troppo "domestica" o fortemente bruciacchiata?

** char traduce sia i termini di donna delle pulizie-domestica, che carbone e affini

Ma vorrei analizzarla da fiorentina. Leggo quanto riportato in rete da nota testata giornalistica: "Può anche essere utilizzato come verbo - "to rizz up" - e in tal caso è da intendere come attrarre, sedurre o semplicemente chiacchierare con una persona per suscitare in lei un certo interesse". 

Turizz-ap, quale migliore parola per indicare seduzione. Ci potevano arrivare anche i fiorentini, senza scomodare l'Oxford Dictionary.

Vediamo di provare a impiegarla in una conversazione a pro di rimorchio.

"oh non credo di essere così affascinante.."

"no no tu rizz"

o peggio

 "oh quella tipa ha proprio stile, l'è una gran rizz.." 

In fiorentino rizz o to rizz sono ahimè utilizzabili solo dal genere maschile; e noi gentildonne restiamo escluse dall'uso della parola più cool dell'anno. Che cul..

Comunque consoliamoci che ai cremonesi gli va peggio: to rizz che batte il tòron e il Turàs

giovedì 7 dicembre 2023

Scusi signorina..


"Scusi Signorina!? così mi ha chiamato un cliente l'altro giorno". La mia amica si sfoga piagnucolando mentre io cerco di consolarla. "Com'era quella storia che dopo una certa età diventiamo tutte signore? E allora che c'ho io che non va per esser parte della categoria?"

"Bah", rifletto a voce alta, "nel termine signorina si insidiano due significati: quello della giovane età e quello di donna non sposata". Forse sto peggiorando la situazione. 

"E visto che, data la mia età, il primo significato non mi s'addice più, vuoi dire che quel signorina stava per donna senza marito? Avanti su dimmi, da cosa si capisce che non sono sposata?". 

"A parte che non hai la fede, non si direbbe. E poi senti, l'esser senza marito è più un vanto che un'onta, di che stiamo parlando?"

Segue un silenzio di approvazione. A volte dico cose intelligenti. Proseguo, "senti, molte signore e signorine, vorrebbero arrivare alla tua età con tale disinvoltura. Parecchie donne sposate soprattutto" -sorrido sorniona..

"Vuoi dire la nostra età.."

"Si uffa, non farmi sentire una vecchia ciabatta!"

"E' perché zoccolo è maschile sennò zoccol* ti s'addiceva di più!" Sto zitta, me lo merito dopo ste gaffe sull'età. "Dai ordiniamo da bere che ne abbiamo bisogno"

"Per me un cocktail Martini con.." - mi interrompe bruscamente "vabbè se poi ordini un martini con l’oliva tradisci tutta la tua età, anche se ben mascherata da trucco-stucco e capello alla Tina Turner"

"Per la signorina invece la China Martini, scardata con lo zucchero e la scorza d'arancia, ma non bollente, che poi la si scioglie, l'è imbalsamata con la cera". Quando c'è da punzecchiare qualcuno mi viene meglio in fiorentino stretto.

Viste da fuori, in questo caffè del centro di Firenze, potremmo sembrare due statue del museo delle cere, due Madame Tussauds dell'Ottocento sedute a un tavolino all'ora del Vermut. Se solo sapessimo ballare un valzer o qualche passo di quadriglia, saremmo due perfette signorine importunabili. Si ho detto signorine.

Qualche anno fa tutte e due si inorridiva al pensiero d'esser chiamate signore e ora quando ci danno di signorine si va in depressione. Sciocche. In questa corsa alla privazione d'ogni riferimento di genere e condizione sociale nelle parole, (che l'accusa di sessismo sta sempre appollaiata nei paraggi), si perdono le sfumature della nostra lingua. Signorina nella letteratura spesso descrive donne pudiche e riservate, garbate nelle maniere e nei sentimenti e a volte in età avanzata. Che forse oggi il garbo non si addica più a noi donne? Bah, un po' di quella grazia di signorina e misura nelle parole, gote che arrossiscono e pance coperte, non sono robe vintage e men che meno stantìe, in barba a tutti gli ombelichi al vento che si vedono a giro.

Mi viene in mente la signorina dei tabacchi che vendeva le sigarette al mio paese. Una donnina piccina che aveva una sorta di rivendita di tabacchi all'ingrosso. Tutti la chiamavano signorina anche dopo essere andata in pensione. E lei prontamente correggeva coloro che la chiamavano Signora; "Signorina prego"- ribatteva, benché non mascherasse le rughe o un'andatura oscillante per l'età. Lei era signorina e voleva essere chiamata così. Senza vergogna alcuna per mariti non pervenuti e senza che l'età l'avesse privata del suo sentirsi una ragazza . 

"Figliola", penso a voce alta, col Martini alla mano, incurante delle accuse di vetustà della mia amica; c'è dell'eleganza mi dico tra me e me mentre sputo il nocciolo dell'oliva nel posacenere. Eleganza a tratti. Ritorno con la mente a figliola, una bellissima parola fiorentina ormai in disuso. "L'è proprio una bella figliola!",  lo diceva ogni tanto mio nonno quando dal circolo del paese usciva una femmina degna del suo interesse, sottratto per qualche secondo al Guerin Sportivo di cui era avido lettore. Che bella figliola è una espressione che non ha età, si addice a signore e signorine senza causare crisi esistenziali, al massimo un sorriso di compiacimento.

"Cosa hai detto Sabri?"

"No no niente, pensavo a figliola.." mi affretto a rispondere. Lei ritorna con lo sguardo sul cellulare, non sembra interessata a discorsi da Accademia della Crusca. E forse in questo momento neanche io.


mercoledì 29 novembre 2023

Vaffandieta. Parmigiano di notte


Stanotte non riuscivo a chiudere occhio, avevo mille pensieri che mi nuotavano in testa. E nella mia testa vuota, c'è talmente tanto posto, che i pensieri più che una nuotata si stavano a fare una regata, l'America's Cup proprio. Sentite come suona meglio America's Cup invece di Coppa America... mi sa di gelato alla panna e vaniglia, caramello salato, cookies al cacao e noci pecan.

Sarà che mi sono messa a dieta da qualche giorno ed ecco le prime conseguenze: insonnia e deliri di gelato sintetico. 

Non riuscendo a prendere sonno mi sono alzata e sono andata in cucina con l'intento di bere un po' d'acqua, pensando che magari con la TV il sonno mi sarebbe venuto. D'istinto invece di aprire il rubinetto, mi sono trovata ad aprire il frigorifero e afferrare un pezzo di parmigiano. L'ho guardato nella mia mano, combattuta se riporlo o addentarlo, con la luce del frigorifero che illuminava la stanza, e il ronzio del motore nel silenzio assoluto della notte quassù nella sperduta campagna. 

Che sarà mai un pezzetto di parmigiano, mi son detta, ma poi si è affacciato il ricordo doloroso dei jeans che stamani non si volevano abbottonare, e il pensiero fa più male dell'arietta fredda del frigo aperto che mi ghiaccia il collo e le mani.

Ho visto il cellulare sul tavolo illuminarsi. Chi diavolo scrive a quest'ora? La mia amica mi sta mandando una foto da un locale, commento "seratona".

Le mando una foto mia in pigiama col parmigiano in mano, messaggio: "mi sono messa a dieta"

Risponde repentina : "e che dieta sarebbe?"

"Ma, diciamo che è più un regime alimentare controllato" - scrivo io

"Controllato da chi? Dal Mago Galbusera?" ..queste le parole di conforto del suo vocale, che prosegue: "ad una certa età la bellezza si chiama simpatia, alla tua si chiama esperienza." Ok posso andare a tagliarmi le vene col coltellino a mandorla (quello da parmigiano, guarda caso). 

Lei a forza di mangiare yogurt magro è diventata più acida del bifidus: mi percula regularis. Ma lo fa con tale eleganza, con quelle espressioni di disgusto raffinato che suscitano in me, umile schizzinosa, un'ammirazione oltremisura. Penso a quanti anni sono passati da quando ci siamo conosciute, a quante cose abbiamo fatto insieme e che senza di lei la mia vita in questi ultimi anni sarebbe stata meno divertente. In due è meglio; non sempre, ma il più delle volte si.

Poggio il parmigiano sul tavolo e mi siedo col pensiero di lei che mi sfotte da sempre su ogni tentativo di astinenza alimentare. Quante diete mi sono ripromessa di iniziare e quante ne ho iniziate per il piacere poi di infrangerle per cedere alla tentazione e fare l'amore con il sapore. Ma mai con uno yogurt, tengo a sottolinearlo, neanche quello della tal pubblicità. Ho troppa fame di cose buone, di vita, di eccessi, di parmigiano in mezzo alla notte.

"Allora raccontami questa seratona!" messaggio la mia amica, digitando sul cellulare lettera per lettera con l'indice della mano destra. La sinistra è impegnata con una scaglia di formaggio.

martedì 21 novembre 2023

Dormo sul divano


Stanotte ho dormito sul divano. Mi sono assopita vicino al fuoco con la coperta sulle gambe, il libro aperto sulla pancia e gli occhiali sul naso. 

Mi sono svegliata dopo qualche ora, indolenzita e rincoglionita e col sonno rotto. Ho pensato che ho comprato il divano più scomodo della storia, solo perché è color violetta e stiloso nella forma. Piccoli agi della singolitudine.

"Dormo sul divano da 3 mesi" mi ha raccontato un amico qualche giorno fa. Non riesco a non pensarci da stamani con sto dolore alla spalla che mi ha lasciato in dono il mio bel divanetto Barbie style. 

Questa frase l'ho sentita diverse volte, pare il tormentone dell'ultimo periodo: Dormo sul divano da un po' per non disturbare le bimbe nella loro cameretta, seguita da due occhi lucidi; dormo sul divano da un anno, qui invece a seguire è stato un "quella stronza". A ciascuno il suo. 

Mi sono accorta che quando entro in una casa, di chiunque, non fa differenza, ormai il divano lo guardo sempre. Questa cosa mi ha flippato. Pensate se entro in un negozio Poltrone&Sofà...

Chissà quanti uomini, mariti, padri, compagni dormono sul divano, per chissà quali colpe vere o presunte. Forse anche donne, è che finora non ne ho incontrata nessuna. Uomo o donna a prescindere, dedico a ciascuno di voi addivanato, il livido che mi son fatta alla caviglia sbattendo contro il bracciolo del mio divano confetto. E vi penso con un omaggio alle vostre confessioni e alla bellezza delle parole dette in intimità davanti a un gin, sui sedili di un treno o stesi sulla sabbia. 

Che poi il divano sia una condanna o il primo passo verso la libertà, questo non saprei. Sicuramente è il luogo dove poter russare senza sensi di colpa, scorreggiare come corpo comanda e dormire con la luce accesa, lontano da piedi ghiacciati che ti si conficcano tra le gambe quando meno te lo aspetti.

Chissà cosa si sogna di notte sul divano. Chissà se per sognare è meglio un divano Chesterfield, uno con lo schienale basso, un divano a L o uno componibile. Per ora quello che più mi ha fatto sognare è il Divano Caimano* di Stefano Benni.

* Ballata in omaggio a Paolo Conte.

**quello in foto non è il mio divano, ci assomiglia solo vagamente

mercoledì 12 luglio 2023

A Pancia Piena miglior street food di Toscana 2024



Sieci rules!!
Dalla Val di Sieve solo cose belle. Gioco in casa e non potevo non spendere due parole per questo bel successo di due amici e del loro lampredotto che fa parlare di sé ormai in tutta Italia.
A Pancia Piena è il nome del chiosco-truck gestito da Emanuele Nenci e Iuri Ronchi alla rotonda delle Sieci, lungo la  statale 67 Aretina, che un tempo conduceva i pellegrini a Roma; ora ai pellegrini del cibo basta fermarsi alle Sieci per stare parecchio bene.
Quest'anno A Pancia Piena si è aggiudicato il titolo di Campioni Regionali Toscani nella guida del Gambero Rosso Street Food 2024.  Ma per noi di Pontassieve e vicinanze campioni erano già da anni.



E non solo per il lampredotto.  A quella che ormai è soprannominata la rotonda dei miracoli, è possibile accompagnare il cibo di strada con champagne e vini di Borgogna selezionati personalmente da Emanuele. Se non è un miracolo questo!
Oltre al lampredotto ci sono un sacco di altre cose buonissime dai nomi fantasiosi, che già prima di assaggiarle fanno sorridere per simpatia. 
In estate il chiosco è aperto anche alcune sere a settimana e lì ci si trova di tutto: famiglie, appassionati, colleghi del settore, insomma un luogo trasversale per le bocche di tutti, dove il cibo mette d'accordo sandali e scarpe a punta lucide. 
A scorrere le foto sul profilo facebook del chiosco certe sere #sembradiessereaReims invece che alle Sieci. L'hashtag è quello giusto da usare. 


Hanno addirittura lo champagne della casa. Buono. 


A Pancia Piena è la sicurezza da 19 anni, e di sicuro la maggioranza di voi lo conosce e gioisce per questo premio meritato. Quelli che non si fossero ancora fermati -oh che aspettate dell'altro?-

P.S. Se mi conoscete e salite alle Sieci per fermarvi alla Rotonda dei Miracoli, se mi avvertite scendo anche io ;-). Ci si trova lì, in pochi minuti arrivo!

Credits: A Pancia Piena/Nenci Emanuele

mercoledì 31 agosto 2022

In vacanza: Appennino blues

mi sono dedicata la bottiglia:
champagne Good Luck faceva proprio al mio caso!
 

Saluto questo agosto con un paio di racconti sulle ferie ormai andate da un po’. 

Avendo 5 giorni risicati scelgo una meta vicina a casa, montagna ovviamente. 

Un paesino sull’Appennino tosco emiliano, sul versante bolognese, poco distante da Porretta Terme.

Porretta Terme? Eh si tranquilli, anche i miei amici hanno avuto più o meno la vostra stessa reazione. Da sola a Porretta Terme? Più che una vacanza sembra un tentativo di suicido! Anche mia madre, dalla sua non più tenera età ha mosso una considerazione lapidaria: tu incontrerai gli anziani del comune, li mandano sempre lassù alle terme coi soggiorni estivi. Almeno non ti senti sola..

Amore di madre sincero.

Parto con le raccomandazioni di amici e colleghi, quelle rassicurazioni tipo, -no ma vedrai che ti diverti-; oppure -si guarda che lassù è meglio di quanto si creda-; -vai vai che qualche anziano lo rimorchi-. Che servono più a convincere loro che me, perché io non vedo l’ora di partire.

Tra gli altri consigli degli amici, uno su tutti: se vuoi farti notare vai al baretto del paesino e ordina champagne. Ti pescheranno l’unica bottiglia che sta là da prima della guerra, piena di polvere e te la mostreranno fieri.

La seconda sera metto in pratica il consiglio. Mi reco al baretto, sorta di centro nevralgico del paese con tanto di bocciofila all’esterno, dove un gruppetto di anziani, tra cui una signora, stanno giocando a bocce. Via dai non sono sola. Mi colpisce uno dei giocatori dai bermuda verdi, sandali e calzini di spugna bianchi lunghi. Porta sulla spalla anche un piccolo asciugamano per asciugarsi il sudore dopo lo sforzo del lancio della boccia. Deve essere tremendamente pesante una boccia, penso. Mi viene da ridere, ma mi trattengo: io sto per entrare in quel bar con le tende antimosca di plastica e chiedere uno champagne. Faccio più ridere io di quei calzini bianchi rifrangenti.

Entro e mi guardo intorno; ci sono solo due tavoli occupati. Un signore anziano concentrato nella lettura del quotidiano e altri due dall’aria più giovane che stanno bevendo: dal colore potrebbe essere birra o anche spuma, ma decido di non fissarmi su sta cosa o non chiederò mai delle bollicine francesi. Il barista, stessa classe degli astanti più o meno, è indaffarato a sistemare i bicchieri.

-Buonasera, mi dica?

-Vorrei bere qualcosa.

-Prego- e mi indica gli scaffali in vetro e specchio alle sue spalle dove c’è un buon assortimento di liquori e qualche bottiglia di vino.

-Mi dia uno champagne!

Lui mi guarda un attimo, non con sorpresa, ma proprio con uno sguardo di terrore.

-Vorrei la bottiglia intera intendo-, mi sento in dovere di specificare, non so perché…

Lui sembra accennare un leggero rilassamento, compare un guizzo di luce nei suoi occhi, forse il ricordo di una bottiglia da qualche parte gli accende un lume di speranza: venderla finalmente, e esaudire l’eccentrica richiesta di una “giovane” forestiera.



La scena come da copione: il barista prende una sedia, ci sale sopra per afferrare una bottiglia talmente impolverata da camuffarne anche la forma oltre che l’etichetta. Una bella spolverata con la pezzetta umida e tac champagne di una nota maison. Non mi resta che prenderla e muta. Ho avuto la sfrontatezza di chiedere champagne e lui me l’ho trovato. Ora lo bevi e zitta mi suggerisce quel barlume di coscienza che mi resta. Chiedo del ghiaccio per raffreddare la bottiglia e lui mi prepara una vera glacette, poi mi chiede

-quanti bicchieri le servono?

-Ma, uno mi basta- rispondo. Altro attimo di esitazione da parte sua, di nuovo il terrore negli occhi: questa mi fa chiamare l’ambulanza stasera, avrà pensato. Poi si riprende e come se nulla fosse mi porta glacette e bicchiere al tavolo, qualche tovagliolo e sparisce. Torna dopo poco con noccioline, patatine e la focaccina che stava esposta nel banco tagliata a quadretti. La focaccina intera!

Sarà stata una tattica di tamponamento anti sbronza molesta.

Devo solo attendere che la mia bravata sorta qualche effetto. Attirare l’attenzione dei fauni locali. Ma non c’è anima viva nel bar tranne quei signori di cui parlavo prima. Quello intento alla lettura è sempre nella stessa posizione, come assorto. Boh forse dorme o magari è sordo.

Gli altri due invece mi fanno cenno di brindisi con i loro bicchieri, divertiti dal teatrino a cui hanno appena assistito. Staranno di sicuro scommettendo se la finisco tutta davvero.

L’ho finita tutta. Ovviamente insieme a loro, visto che nel bar non si è presentata anima viva.

Siamo usciti tutti e tre un po’ barcollanti, io con qualche nozione di pesca e caccia al cinghiale, loro con una storia buffa da raccontare a casa a cena.