lunedì 10 dicembre 2012

MASSIMO BOTTURA: LA PUREZZA DEL SAPORE

Eataly Roma. Serata conclusiva del ciclo di incontri “Il romanzo popolare dell’alta cucina italiana”.
I grandi interpreti della gastronomia italiana degli ultimi cinquanta anni raccontano le loro esperienze, in un viaggio che è partito da Mirella Cantarelli e si è concluso con il più grande: “un italiano in vetta al mondo, la tradizione che diventa emozione": è la volta di Massimo Bottura.
Io e la mia degna compagna di trasferte gourmet Stefania Pianigiani siamo lì in pole position.
A occhi chiusi ci lasciamo  condurre in un viaggio lungo il Po, dall’Adriatico a Modena: in un cucchiaio ci sono l’Emilia e la Romagna, c’è il sale di Cervia, lo scalogno di Romagna, il porro, i tartufi dei colli modenesi, i funghi. Sta tutto lì dentro quel piccolo boccone, che esplode in bocca scandendo i sapori nitidi uno a uno in magistrale equilibrio. È il sapore della terra, del bosco e del mare e un omaggio a coloro che in quella terra hanno le radici.
A seguire la potenza della tradizione che si esprime in un risotto cacio e pepe, omaggio dello chef a uno dei piatti simbolo di Roma che stasera lo ospita. Vialone nano, cotto in acqua di parmigiano, separata dalla sua parte proteica e poi da quella grassa, ovvero il “Fiore di Parmigiano” con il quale si realizza la mantecatura. A completare una spruzzata di acqua di pepe, frutto della distillazione di sei pepi diversi. Direzione Umami. Perché questo risotto non ha note di grasso, non è dolce né salato, non è amaro né acido: è semplicemente saporito. E cosa c’è di più vicino all’ umami se non il Parmigiano Reggiano? Ed ecco che per il risotto si utilizza non un semplice brodo ma un vero e proprio dashi emiliano (passatemi il termine), in cui il Parmigiano fa le veci di alghe kombu e katsuobushi. Risultato: la purezza del sapore.
È stata la seconda volta per il mio palato. E la prima fu all’Osteria Francescana.

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