Provocatorio, impertinente, magnifico A.A. Gill.
Traduco alla meno peggio, devo, per il semplice fatto che mi leggono anche
i miei genitori e qualche altro parente non esattamente anglofono..
Scrive Gill: “gli chef sono delle strane creature; il loro
lavoro è più una sorta di chiamata, una vocazione, che una carriera. Gli chef
iniziano a lavorare giovani, la gavetta è dura, gli orari massacranti 1,
la paga magra. Gli chef lavorano quando gli altri sono a divertirsi 2.
Non hanno veri amici 3. Il loro matrimonio non funziona 4;
i figli non li amano 5. E nessuno mai inviterebbe uno chef fuori a
cena 6”.
Giusto due parole in qualità di ristoratore:
- punto 1. orari massacranti: vero, come quando ti
capitano (almeno un paio di volte alla settimana) quelle 18 ore di lavoro
consecutive, che corrispondono alle ore settimanali di un qualunque
impiego part-time
- punto 2. vero. Il ristorante
che vorrei apre dal lunedì al giovedì. Il turno di riposo settimanale cade
il venerdì, il sabato e la domenica.
- punto 3. gli amici. Quasi vero. Meglio
dire che ne hanno pochi. Del resto se si ha a disposizione una sola sera
libera alla settimana, i tempi di appuntamento col cuoco/ristoratore sono
mediamente quelli di una visita specialistica alla ASL, si parla di mesi..
l’impossibilità di frequentare gli amici, condividere con loro serate e
gitarelle comporta un progressivo isolamento. E se tu ristoratore non puoi
recarti il venerdì a far baldoria con loro, il trucco è far venire
gli amici a far baldoria da te. Maometto docet. In genere i veri amici del ristoratore presentano le seguenti caratteristiche:
- possono aspettare settimane ma non rinunciano a vederti
- sono coscienti del fatto che il lunedì o martedì ci si può divertire come il sabato e la domenica, talvolta pure di più
- non ti telefonano dopo le 19 del sabato sera o in tarda mattinata la domenica
- ti telefonano per saper come stai e non per chiederti una ricetta
- punto 4. La spinosa questione matrimoniale: i miei sono sposati da 40 anni, ma sono entrambi cuochi. Io non sono sposata e questo la dice ancora più lunga
- punto 5. I figli: io non ne
ho, ma sono figlia di ristoratori. L'età di marmocchia uggiosa che non voleva né mangiare né dormire l'ho trascorsa a casa dei
nonni. Vedevo i miei genitori solo il lunedì quando a ristorante chiuso
scendevano a Firenze a trovarmi. A scuola mi accompagnava il nonno, alle
riunioni con gli insegnanti ci venivano i genitori della mia compagna di
banco, al pattinaggio mi ci portava la nonna. Il babbo e la mamma dovevano
sempre lavorare, lavoravano sul serio come muli fino a notte fonda, non erano storielle, ma
alla fine io me ne son venuta così come sono senza di loro. Io vorrei che
non fosse così anche per i miei figli, ma non sempre vale il detto volere
è potere
- punto 6. gli inviti a cena. Lo sospettavo..
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