“Amare al buio, dormire al sole e
mangiare in silenzio: tre sciocchezze”. Così scriveva Ugo Ojetti.
In effetti quando ho letto la
notizia di EAT, il ristorante di Brooklyn in cui si mangia solo stando zitti,
l’ho pensato anche io: “Vai eccone un’altra!”
Alla mia tavola se regna il
silenzio è perché o sono da sola (e mangiare da soli è una delle cose che mi
mettono più tristezza), oppure c’è maretta tra i commensali, gli sguardi son
bassi e il boccone fatica a scendere.. Ho anche il ricordo di mio padre che
batteva la mano sul tavolo “silenzio a tavola!” quando io o mio fratello s’era
combinato qualche guaio.
Poi mi immagino di essere in un
locale pubblico in cui tutti tacciono: forse sono talmente abituata al rumore
che il silenzio “condiviso” con estranei mi mette a disagio.. e proseguendo a
ragionare con fare leggero mi vien da pensare: e se mi scappa uno starnuto? Un
colpo di tosse? Là dove regna il silenzio questi rumori di vita potrebbero
sfociare in inquinamento acustico acuto.
Ma cerchiamo di vederla
dall’altro lato: lo spirito che ha motivato l’originale ristoratore newyorkese
ha più a che fare con lo zen. Secondo Nick Nauman, il gestore del locale, non
parlare a tavola “è un modo di concentrarsi sull’esperienza del mangiare, una
delle attività umane più profonde”.
Leggo sullo yoga journal, che
consulto per l’occasione, che esiste una Meditazione Culinaria all’interno
della quale “ Mangiare in silenzio
può aiutare a mantenere un atteggiamento espansivo e a concentrarsi per
assorbire il nutrimento nel proprio essere. Anche in città, nel quotidiano, si
possono fare scelte in linea con questi principi: magari scegliendo un’assolata
panchina in un bel parco ed evitando i bar angusti e affollati”. E se questo è un principio zen, allora è
pure il mio, io che di regola ho un pensiero solo zenzero e zero zen.
In qualità di cuoca/ristoratrice io sono la prima a urlare a bassa
voce: “Fate silenzio, non sentiamo i sapori!”, ma allo stesso tempo vi
prego di non invitarmi a cena chiedendomi di stare zitta. Mi vien l’ansia al
solo pensiero.
Se il menù di suddetto ristorante prevedesse pane e salame, cacio e baccelli, vino come si deve e una fetta di finocchina di sottofondo, da una massa di stitici i commensali diverrebbero un allevamento di pappagalli canterini.
RispondiEliminama che salame!! il menu è strettamente vegetariano! con una fetta di pecorino gorgheggi..
RispondiEliminaE allora se mettono nel menù pecorino e aglietti freschi, bagnati di miscela birra e spuma o spuma e vino bianco.... hanno gnuiorc ai loro piedi..
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