Mi è seduto accanto. E’ stato un caso e devo ringraziare il
mio arrivo in ritardo; tutti i posti erano già stati presi, e restava proprio
quello lì, a fianco dell’ospite della serata, Kurt Rottensteiner, per tutti Brunnenhof
a Mazzon. Volto timido, quasi imbarazzato nel descrivere alla tavolata i suoi
vini. Non so se sia un pudore tutto atesino o semplicemente un tratto distintivo
delle genti di montagna quell’essere schivi e poco loquaci. Veste una giacca in
loden grigio, il classico taglio tirolese, con collo rigido e basso e
rifiniture verde bottiglia. Da appassionata di escursionismo dolomitico, mi
vengono in mente le domande più astruse e meno vinose che si possa immaginare,
ma pare la formula vincente; così una
chiacchiera tira l’altra, Herr Rottensteiner
si rivela più loquace di quanto ipotizzato e la conversazione scorre piacevole.
Parte dal casello di Egna-Ora, la porta sul paradiso: quando vedo quel cartello
verde sulla A22, comincio già a sentirmi meglio, sia che ci esca in direzione della Val di Fiemme o della Val di
Fassa, sia che lo superi diretta verso il Brennero.
“ti sei mai fermata a Mazzon?”
Mazzon è una spina nel fianco per me: sta lì ripido sopra il
casello, al sesto tornante della statale a destra. Una posizione strategica, ma
anche una fregatura. La voglia di posare lo scarpone sulle alte vie delle
dolomiti è sempre troppo forte per una sosta a Mazzon all’andata. Al ritorno,
al contrario, è sempre troppo tardi. Insomma finisce che non mi ci fermo mai
nonostante tutti i buoni propositi al gusto di pinot nero. Sento che quest’anno
potrebbe essere la volta buona.
In degustazione ci sono i 4 vini di Brunnenhof: L’incrocio
manzoni “Eva” 2013, il gewurztraminer 2013, il lagrein 2013, il pinot nero
riserva 2012. Più due sorprese di cui ci ha omaggiato: un gewurztraminer 2010 e
un pinot riserva 2007, nonché un apprezzatissimo speck affettato al momento.
E il GW 2010 è davvero una gran bella sorpresa, che risponde
parzialmente alla domanda che mi affliggeva dall’inizio della serata: “perché se
fai 4 soli vini, uno di questi è GW?”
Non ce la faccio, la domanda mi scappa di bocca lieve e
spudorata, senza che nemmeno me ne accorga. Ora chiama la sicurezza e mi fa
sbattere fuori, penso. E invece ride, ipotesi che non avevo contemplato. Mi
spiega che i vigneti a GW di maso Brunnenhof andranno a sparire, e saranno
sostituiti da pinot nero. Perché in cantina neanche lo vogliono assaggiare dice
ridendo: “GW per carità no!”. Rido anche io. Eppure quando mi iscrissi al corso
per sommelier questo vino era il mio preferito, andava così di moda, se facevi
l’aperitivo eri fico solo a ordinare il traminer aromatico. Guarda come
cambiano le cose.. Mi sono andata a leggere un po’ di notizie al riguardo, e mi
sono imbattuta in statistiche IRI aggiornate al 2014 che facevano registrare
notevoli incrementi delle vendite di questo vino in Italia. Insomma se ne vende
di più, ma se chiedi agli amici o conoscenti, nessuno lo beve, i più lo
rifuggono. Pare la storia di Berlusconi, che è stato premier per vent’anni senza
che nessuno lo avesse votato.
Ma leggendo sono venute fuori altre cose interessanti: si
dice che il GW è un vino femminile. E ti pareva, quando c’è di mezzo roba
rotonda e eccessivamente improfumata di rosa c’è dietro una donna. Oppure che
in molte versioni risulta essere troppo faticoso da bere, difficile da abbinare
a tavola, il vino che non si presta al bis di un bicchiere. Tra le soluzioni
meno scientifiche ipotizzate per renderlo più appetitoso: migliorarne l’appetibilità a partire dal nome
e non uno scioglilingua dalla riuscita improbabile. E così sia al più presto.
Il GW del 2010 abbinato a degli gnocchi alla parigina con
salsa di pecorino e julienne di mela verde mi è parso assai gradevole e per
niente faticoso. Dimostra ancora che il GW ne guadagna se ha qualche anno sulle
spalle e digerisce i 15 gradi dichiarati. Non posso non pensare che i GW di
Brunnenhof potrebbero diventare una rarità, se decide per l’espianto; dice
infatti col sorriso, ma anche con un po’ di rammarico, di non aver conservato
uno storico delle sue annate..”io il vino l’ho venduto sempre tutto..”. Peccato però, perché a me è parso un gran bel
bere.
Credits foto:FISAR Firenze
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