“..perché
un enologo se non è anche filosofo è meglio che faccia un altro lavoro”. E con
quegli occhiali da intellettuale e quelle rughette sexy sulla fronte come fai e
non dargli ragione? Gliela dai a priori. La ragione. Che poi la sua storia
dimostra che ragione ne aveva da vendere..
Non
parlerò di quanto sono buoni i vini di Walter Massa, perché è cosa nota. Parlano
da soli, non hanno bisogno che sia io a dare fiato alle trombe e celebrarli.
Quello
che invece vorrei, è poter descrivere il racconto di Massa, sferzante e
diretto, che non lesina frecciate a nessuno, consorzi di tutela, associazioni di
categoria e loschi personaggi politici, che hanno contribuito a “costruire il
nulla, o al limite qualche fascicolo presso diversi tribunali della repubblica”.
Una
storia che parte dal Timorosso per arrivare al Timorasso, un po’ come la storia
dell’Italia dei grandi rossi che scopre negli anni che bere vino bianco è
altrettanto piacevole. Superata l’ansia da Timorosso, via le vigne a barbera.
Poi via anche il cortese che a Monleale con Massa non ci voleva stare e a
dispetto s’era impuntato a non
sviluppare i suoi aromi.
“timorasso?
Ma va là, lascia fare!” gli dicevano i contadini dei colli tortonesi a metà
degli anni Ottanta”
Ma
lui, l’enologo a tratti filosofo, e per certi versi matto scatenato, va in
fissa col Timorasso, un’ uva pressoché scomparsa e ne fa un vino come piace a
lui, “perché un vino mica deve piacere a tutti”. E lo fa con la sua ricetta di 4
ingredienti:
solo
uva
sole
buon
senso
tempo
“perché senza il tempo non vai da nessuna parte, neanche se hai fatto la scuola
enologica di Bordeaux, figuriamoci quella
sfigata di Alba". Che poi parliamoci chiaro, quando un vignaiolo fa il vino
vede subito la bottiglia da vendere, si perché un vino dopo 10-12 anni in
cantina “più che sui lieviti sta sulle scatole”. Ma è un gioco il suo, a prendersi in giro. "il 1995 è stata l'annata più acida della storia e il mio timorasso faceva schifo": il coraggio di tenere ferme 6000 bottiglie per qualche anno, per regalare poi a qualcuno qualche emozione.
“A chi mi chiede perché faccio 4 vini tutti
uguali, rispondo - Chiamiamole le enoconvergenze parallele di Walter Massa-“ .
Ma la verità è che Derthona, Costa del vento, Sterpi e Montecitorio, non sono
solo dei timorasso, sono 4 vini diversi.
Sono l’identità enologica, tanto
agognata da Massa, che ha deciso di chiamare i suoi vini con il nome delle
colline sui quali sono prodotti. Perché ci dobbiamo difendere col territorio, è
questa la nostra vera arma difensiva. “Facciamo un esempio: se domani Belen
Rodriguez decide di fare timorasso nella Costa
Berica, ci sarà di sicuro un esercito di tonti che lo vogliono. Bene
difendiamoci col territorio: io vendo Derthona, il timorasso lo lascio vendere
agli altri”.
In
degustazione le 6 magnum:
Derthona 2012
Montecitorio
2010
Sterpi
2009
Sterpi
2007
Costa
del Vento 2003
Costa
del vento 2002
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