mercoledì 28 maggio 2014

FOOD LOVE AFFAIR


Giorgio è l'assistente del professore per cui lavora anche la Marta, e che lei punta da quando è arrivato. Picchia e mena sono andati a pranzo fuori e lei non ha mangiato niente, un po' per l'emozione un pò perché non le si gonfiasse la pancia. Seduti al baretto vicino alla facoltà, ha scoperto un Giorgio godereccio, molto amante della tavola, che alla fine si è tradito dicendole che detesta le donne da verdurina scondita. “Insipido mangiano, insipide sono”.
Lei per recuperare la figura cacina della boccuccia di rosa, gli ha detto per gioco -allora una di queste sere ceni da me!- e ridendo e scherzando eccotelo a cena stasera. A casa della Marta intendo. La Marta sta alla cucina come Heidi starebbe a New York, perciò mi chiama disperata: -Sabri ho combinato un casino!-. Sai che novità.
L'amicizia si misura in quanto sei felice se la tua amica rimorchia, e io e lei stiamo brindando dalle cinque del pomeriggio, mentre l'aiuto a preparare qualcosa di potabile per la cena. Quella con Giorgio.
Si è messa in testa di voler fare la quiche lorraine ai porcini. Che vabbè non sarà il massimo della sensualità, ma visto che era partita con l'idea di un bel vassoio di tartine, ne ha fatta di strada. Glisso sulla mia battuta truce e scontata sulle tartine e i cetriolini sottaceto.
Io e lei ne facciamo tante di cose insieme divertenti, ma cucinare è cosa rara. Ciò che mi  fa innervosire è quel suo operare in modalità raffazzonata, che invece lei chiama stilnovo in cucina: ovvero se non c'è quell'ingrediente ne metto un altro, levo quello e metto questo e così via. E difatti stasera:
- No tutto questo burro è troppo ne metto la metà-
-ma scusa, puoi cucinare un'altra cosa se non ti va il burro
-ma se ne metto un po' meno cosa vuoi che succeda?
-ma se la dose è quella! Se decidi di seguire una ricetta, seguila e basta. Se ti metti a cambiare gli ingredienti e poi ti viene male, cosa molto probabile, non saprai mai dove sta l'errore
- solo che mi sembra troppo questo burro..
Uffa, che faccia come vuole e se la impasti da sola la brisée a scartamento ridotto di burro.
Io intanto mi dedico ad appassire la cipolla (nel burro naturalmente). Cipolla e olio mai! tanto lei non se ne accorge mica.
Anzi le sta bene, visto che per la serata ha bandito l'aglio e mi sta costringendo a saltare i porcini  con la cipolla.
La ricetta finale è stata quiche con dentro funghi porcini a crudo e listarelle di speck, perchè l'affumicato ci sta sempre bene e fa chic. Sopra le fette di torta una cascata di porcini trifolati, pardon strufolati con la cipolla, ma poca.
A Giorgetto il verdetto..

martedì 13 maggio 2014

COLPA D'ALFREDO

Si sa, è colpa d'Alfredo, sempre. Alfredo è quello che si becca tutte le colpe che non ce la fanno a perire fanciulle. Le colpe altrui chiaramente.
Ma non si pensi ch'egli sia senza macchia. Pure lui ha la sua colpa, e non mi riferisco all'aver sciupato tutte le buone occasioni del giovane Vasco evidentemente imbranato con le ragazze. No, molto peggio. Sua è la responsabilità delle fettuccine, quelle famigerate fettuccine all'Alfredo simbolo del cibo italiano all'estero e a me così sconosciute. L'ultima conferma ieri sera, da parte di un turista di Boston e di uno tailandese che mi hanno chiesto dove in Firenze potevano assaggiare le vere tagliatelle all'Alfredo.
Eh! a sapello ve lo direi- ho pensato. E ho cercato di evitare la figura dell'ignorante e ciuca fingendomi straniera anch'io: spagnola.
Nella canzone di Vasco, Alfredo è un negrone trapiantato nel modenese che tutte le sere ne porta a casa una diversa, chissà che cosa gli racconta..si chiede ancora il Blasco. Può darsi che invece di parlare spacchi due uova in un paio di etti di farina e magari aggiunga un cucchiaio di olio, tiri una sfoglia emiliana fine al velo, massaggiata con la mano di quell'africano che non parla neanche bene l'italiano. E poi taglia al coltello due morbide tagliatelle lunghe e tenaci come nastri per legare mani e piedi, e da buon scapolo col frigo vuoto le salta con ciò che ha: burro e parmigiano delle vacche rosse e battezza il tutto col suo nome. Così si fa capire bene quando vuole..
E invece la googlata mi distrugge il film che c'ho in testa: Alfredo è un romano di Roma classe inizi 1900 proprietario di un ristorante in via della Scrofa. Niente negrone dalle fattezze leggendarie, piuttosto una faccia alla Totò, ma più antipatica, da uomo della capitale, baffetto folcloristico arricciato, che ride gaudente mostrando delle fettuccine. E in più mescola il parmigiano col pecorino romano, ma non lo dice.
Per me tagliatella batte fettuccina. Non c'è storia.

mercoledì 7 maggio 2014

ECCOPINO' 2014

Eccopinò è giunta al suo terzo anno. E io ci sono, per la terza volta. Non me li perdo i vignaioli dell'Appennino Toscano, proprio no. E poi c'è da dire che grazie a questa manifestazione si aprono le porte di palazzi e ville che altrimenti avrei difficilmente potuto visitare. Si, perché tra gli scopi dell'associazione, elencati nel manifesto dei viticoltori di pinot nero dell'appennino c'è anche quello di “creare le condizioni per realizzare un percorso turistico (artistico, culturale, storico, paesaggistico) ed enogastronomico attorno alle aziende”. Pertanto la rassegna viene organizzata una volta all'anno a rotazione nelle diverse valli montane in cui operano i viticoltori aderenti. Il debutto due anni fa a Borgo San Lorenzo, nella Villa Pecori Giraldi, poi ancora Mugello, perché è proprio in questo territorio che opera la maggioranza degli associati, ma è la volta di Scarperia, nel trecentesco Palazzo dei Vicari.
Quest'anno la manifestazione approda in Casentino nel Castello dei Conti Guidi di Poppi.
Il castello di Poppi l'avevo sempre e solo visto da fuori, per i miei frequenti aperitivi in Pratello, dal quale si gode la vista mozzafiato su tutta la vallata.  Alle spalle i monti del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, fino al Monte Penna, sui cui ripidi pendii di roccia nuda si arrocca il Santuario della Verna. Davanti la pianura fino a Bibbiena e oltre, tra Arezzo e Sansepolcro.
Ma i vini?
I vini mi piacciono, hanno una loro identità e un loro perchè di territorio e di intenti, e mi piacciono questi vignaioli che hanno dedicato il primo punto del loro manifesto associativo alla volontà di “migliorare la qualità dei rapporti umani, tra persone che condividono la stessa passione sotto il segno dell'amicizia, dell'impegno, dell'onestà e della convivialità.”
Bene, io vini di persone così li voglio, per questo nella mia carta c'è una pagina dedicata ai pinot nero dell'appennino toscano. L'ultima pagina, come a dire finale di carta in crescendo.
Alla domanda frequente:- ma li vendi?, -ma chi te li prende?- Rispondo che si, li vendo, non i numeri di un chianti rufina e nemmeno i numeri che fanno i vini di alcune zone toscane molto di moda. Numeri molto più modesti ma di grande soddisfazione. Ogni bottiglia stappata è un punto a favore di un essere vignaioli che mi piace. Chi me li prende? I curiosi e quelli che si fidano: -per il vino fai tu-.
Per tutti quelli pro vitigni autoctoni e che arricciano il naso all'idea di un pinot nero di Toscana, rispondo con le parole di Vincenzo Tommasi, presidente dell'associazione: -neanche il cipresso in Toscana è autoctono..-
Nella sala sono proiettate in successione immagini di filari sotto la neve, di vigne abbarbicate su pendii ripidi, di uomini in passamontagna che sorridono all'obiettivo, abbracciati alle mogli e vigneto alle spalle: come a dire vi presento la mia famiglia, è qui che abbiamo messo radici, nel vero senso della parola. Immagini senza musica e si scusano i vignaioli per la mancanza della colonna sonora, che, a detta loro, se ci fosse stata sarebbe stata affidata a Bob Dylan e Johnny Cash (hai detto nulla!) in Girl from the north country. Non sono certa del perchè di questa scelta musicale, mi vergognavo a chiederlo, per cui improvviso l'interpretazione: nord viticoli tutti i territori coinvolti, e fino a qui nulla di nuovo, ma che il pinot nero fosse una girl, mai l'ho pensato. Sarà mica perchè si dice sempre che è una vite difficile e capricciosa?

domenica 4 maggio 2014

ALTA CUCINA

Abbiamo optato per questo ristorantone perché ne abbiamo letto un gran bene (io) e perché lo chef sta sempre in tv (lei), e si è presa la fissa di vederlo in carne e ossa. Insomma ci siamo trovate d'accordo, ognuna per i motivi suoi.
Purtroppo lo chef non c'è..del resto se sta sempre in tv.. Peccato per la foto mancata, che l'Aurora avrebbe pubblicato per giorni sui social, ma io sono qui per mangiare e per questo non mi preoccupo. Mica siamo in una trattoria, tipo quella sull'ebbro colle, in cui se manca il cuoco si chiude, perché è proprio il cuoco colui che cucina. Questo è un altro mondo, quello in cui dello chef illuminato mangi l'idea, non il piatto finito. Cosa che a me va bene lo stesso, era solo per dire.
Ci metto un po' a decidere cosa prendere, poi alla fine scelgo e mi tuffo nella carta dei vini che pesa come un mattone. Se dovessi leggerla tutta, qui si fa anche merenda. Per cui vado dritta alla ricerca di un vino possibilmente buono e che costi meno dell'intero pasto. Sensibilmente meno. Scorro la Francia più veloce che in TGV e salto il resto del mondo che purtroppo non conosco gran che. Poi, dato che alla fine in Italia rimangono un paio di regioni, forse tre, dove si è quasi certi di pescare bene a prezzo ragionevole (vai col totovino), alla fine la consultazione della carta si rivela più veloce del previsto.
L'Aurora è ancora alle prese con il menu.
“ma quanto ci metti a scegliere? Il cameriere sta puntando dritto verso di noi!” sussurro
“questa mania di elencare tutti gli ingredienti..”
“cosa c'è che non va?”
“se per ogni piatto ci sono elencati come minimo 10 ingredienti, aumentano le probabilità che ci sia almeno un ingrediente che non mi piace e che quindi mi porta a scartarlo, il piatto”
in realtà io penso l'esatto contrario, però il punto di vista dell'Aurora è ragionevole.
Alla fine opta per il rombo, perché in mezzo a tutti quegli ingredienti le ricorda qualcosa di familiare. Chissà, forse un pesce a forma di quadrilatero dai lati congruenti..
“ma scusa prima ti scrivono rombo, poi che annega in un guazzetto di acqua di mare delle Fiji, coperto con fette di durian pietrificato, aria di cappero delle Falkland e polvere di macaco mummificato..alla fine manco so più cosa ho scelto”
“e parla piano!!” grido stizzita
“poi mi sono detta: vai prendine uno di questi pesci, tanto quando te lo serviranno camuffato, destrutturato, nascosto in quel bosco di ingredienti, non sarai in grado di riconoscere, per lo meno alla vista, se si tratta di un rombo o di un nasello, per cui..”
“dai l'acqua delle Fiji è trasparente forse lo distinguiamo uno squalo da un'acciuga!”, rido, ma l'Aurora ha di nuovo centrato il punto.
"io trovo bello scoprire un cibo in una forma diversa, alla quale non avrei mai pensato, neanche nei sogni, combinato con ingredienti che spesso non ho mai assaggiato prima"
"questo è vero, diciamo che manca quella sensazione confortante che si prova nel vedere che so, una zuppa  o un qualcosa di familiare e che ti fa pensare: ah eccolo! e col mio contratto cocopro è impossibile familiarizzare con la millefoglie di rombo o con le finte meatballs".
In Verdicchio veritas..avevo scelto le Marche belle.