martedì 29 luglio 2014

IL PIACERE DI UNO SPAGHETTO

Ceniamo dai Fratelli Briganti in piazza Giorgini. Quel posto s'è fermato agli anni Settanta e mi ricorda Il Maccherone prima dei lavori di ristrutturazione. Rivestimenti di plastica alle pareti, quadri dalle cornici dorate, anneriti dai fumi della cucina, la collezione dei calendari dei carabinieri appesa sopra la porta che conduce ai servizi. Cucina a vista, ma quella in cui si vedono due cuochi in carne tutti sudati che s'affaccendano a mescolare la pasta nei pentoloni e a scolare chili di verdure fritte. Niente divise col nome ricamato, solo una maglietta bianca, cuffietta di carta e grembiule con la griffe della lavanderia industriale che ritira la biancheria sporca. Più o meno la divisa di Aldino nella trattoria sull'ebbro colle. 
E' lunedì, fine luglio, il locale è strapieno, di fiorentini. Incredibile.
Tanto che io e la Marta dopo aver atteso un bel po ci accomodiamo al tavolo insieme ad altre due ragazze. Per avere un tavolo tutto per noi c'era da attendere ancora un po'.
Le ragazze intuiamo presto essere due giovani dottoresse di Careggi, che ciabattano allegramente di infermieri, di un tizio che s'è diviso dalla moglie, dei turni di notte che dovranno affrontare le settimane a venire e di quanto sia rompipalle il tal Primario del reparto di   BIP..
Io e la Marta non siamo da meno nel ciabattare, anzi diciamo che le abbiamo stracciate. Quando alla fine ci siamo alzate e le abbiamo salutate mi parevano un tantino imbarazzate..
In effetti il nostro disquisire durante la cena si è incentrato sull'ultimo colpaccio della Marta.
-Cosa? Stai scherzando? - grido io incredula -vuoi dire che il vecchietto..??
- si Sabri s'è rivelato una macchina, infaticabile
- non sarà che prima..??- insinuo io
- non ci giurerei, ma io non l'ho visto ingoiare nessuna mentina diciamo..e poi non è così anziano!
il cameriere ci interrompe per apparecchiare la tavola con dei calici di vetro a tulipano, spessi come lenti di occhiali. Veri e propri cimeli dell'arte della tavola d'un tempo che fu. Ordiniamo due spaghettini del Brigante, che sembra essere il piatto che va per la maggiore. Poi riprendiamo la conversazione, voglio sapere tutto nei dettagli, ovvio.
- Ha acceso una candela? ah che romantico..- esclamo io con una punta di invidia
Ma la candela non era esattamente per creare l'atmosfera, come mi spiega la Marta con dovizia di dettagli. Mi pare che le giovani dottoresse abbiano smesso di parlare, anzi sono certa che stanno ascoltando con grande interesse.
L'arrivo degli spaghetti ci coglie all'improvviso, il racconto della Marta non ha ancora raggiunto il climax. Gli spaghetti serviti in un piatto da pizza potrebbero sfamare tre muratori dopo una giornata a scaricare ballini di cemento. Non credo che li finirò, anche se detesto lasciare il cibo nel piatto. Nella loro semplicità di pasta con pomodorino fresco e parmigiano, sono molto invitanti, mi lascio sedurre da questa bomba di amidi a dal profumo del basilico.
Fa lo stesso anche la Marta e il racconto si interrompe. Io non faccio più domande, lei si concentra nell'arrotolare gli spaghettini. Il piacere della tavola sembra superare di gran lunga ogni altro piacere, anche quello di raccontare alle amiche di certe notti movimentate.


martedì 15 luglio 2014

QUESTIONE DI LINGUA

Mi sono iscritta a una degustazione di champagne, ma non ho voglia di andarci da sola. Così propongo alla Marta di accompagnarmi. So che le interessa il giusto, ma se offro io..
"Lo Champagne? Fico no?" e con queste parole di moderato entusiasmo accetta senza troppe storie.
Mentre aspettiamo l'inizio della lezione la vedo che spippola sul telefono: ha appena scaricato una nuova app con l'oroscopo.
Partono le slides della lezione con i vigneti di alcune famose maison
"e dai metti via quell'aggeggio!" le intimo
"aspetta aspetta, oh è incredibile!", chiude il cellulare e si mette addirittura a prendere appunti. La guardo senza capire poi lei mi fa cenno all'oroscopo "deve essere un segno, c'è scritto lì: cara amica del cancro la tua settimana sarà letteralmente spumeggiante. In amore un incontro a colpi di rose e champagne!".
E io che l'ho sempre sottovalutato Branko..
Il relatore è molto preparato, mediamente impastabile ma col francese c'ha fatto i cazzotti: non perde occasione per sottolineare che si scrive così ma si legge cosà (più o meno..).
"Perdonalo Padre perchè sa quel che dice, ma non ha idea di come pronunciarlo" sbotta la Marta, tesi di laurea sul cinema francese. (E io tutte le volte mi chiedo come si possa fare una tesi su cose tipo Nouvelle Vague e compagnia bella: fatico a trovare roba più pallosa del cinema francese. Punti di vista).

In effetti sentire parlare di champagne con quell'accento agghiacciante fa passare un po' la poesia
"ti vuoi specializzare sulla Francia? Cavolo almeno un po' di francese sallo!!" continua più acida di un pas dosé.
Si ammorbidisce alla svelta però. Già al secondo assaggio smorza i toni e si invaghisce definitivamente per il blanc de noirs di Eric Rodez . Che in effetti è proprio buono con quei ricordi di agrume fresco e pulito.
Ma quale fresco agrumato, lei si è appassionata alla bellezza di quelle due parole: bianco e nero. Due vocaboli opposti nel significato, e fusi insieme, intimamente a creare come un'unica parola: che si scrive separata ma si legge blandenuar (per usare le parole del relatore!). Separata o unita conserva ritmo, si articola attraverso consonanti labiali e dentali che generano movimento, quasi una musica.
"Prova a tradurla in italiano, sfiora il ridicolo non trovi?"
Questo è un altro esempio in cui la fortuna di un prodotto dipende anche dalla lingua. Ho detto anche..
"ecco perchè dobbiamo ricorrere a parole tipo saten per lanciare i nostri spumanti più pregiati"
"non esiste saten in francese!" mi corregge subito lei
Ironia della sorte questo vocabolo è sconosciuto alla lingua francese. Troviamo un saten nello spagnolo e perfino nel vocabolario inglese, ma in Francia manco l'ombra. E mi scappa un sorriso