sabato 28 maggio 2016

AI UIL SURVIVE

Oggi digressione in questo blog di bevute, uscite, mangiate e amori fallimentari.
Ho appena acquistato due giacche per la cucina e anche un cappello abbinato. Il tessuto è quello che asciuga con un colpo di tosse e che non si stira: ho fatto un affare. E provo quel piacere dato dalla soddisfazione che deriva da un buon acquisto. La commessa mi chiede dove voglio far ricamare il nome: lato destro o lato cuore?
Cuore ovvio, e bordeaux, che mi si intona col rigo della cuffia. Grazie arrivederci.
Arrivederci un corno
Per farsi ricamare il nome c’è un modulo intero da riempire: Bordeaux, rosso bruno o vinaccia? Dobbiamo essere precisi. Quale carattere? Corsivo va bene. Corsivo come? Devo sfogliare le pagine di un raccoglitore con decine di font diversi
 Chef Nome Cognome
Chef Nome Cognome
 Chef Nome Cognome
Il nome lo vuole su una sola riga o diviso su due? Boh non  saprei. Dipende se lo vuole scritto grande oppure piccolo; a che altezza? Ha una preferenza per il tipo di ricamo? No guardi lasci stare me lo scrivo con l’Uniposca.
Mi scusi per tutte queste domande, “Sa meglio essere precisi”, perché i cuochi sono peggio delle modelle, dice.
Salgo in macchina felice di avere preso tutte queste decisioni fondamentali per il ricamo del mio nome. Percorro pochi metri e avverto un rumore sinistro, ma proprio brutto brutto. Rallento e il rumore non accenna a diminuire. Non so di cosa si tratti, so solo che viene dalla parte anteriore della macchina, dove mi pare ci stia anche il motore.. Cerco un posto dove accostare. No, lì c’è un incrocio, meglio di no; vado un po’ più avanti, ma ci sono le strisce, no via sabri prova più avanti.
Ma la macchina si ferma da sola, in mezzo alla strada, togliendomi dall’impiccio del dove accostare. Ecco, ora si che sono nel concio, in un grande, gigantesco corno letame. Via Villamagna, prossimità del Ponte a Verrazzano. Ore 18.30 di mercoledì. L’ingorgo che ne deriva è colossale, il concerto di clacson ancora di più.
Toda joia toda beleza
Scendo dalla macchina per prendere il triangolo nel bagagliaio, il che mi vale subito alcuni apprezzamenti cordiali come un mignolo stiacciato nella porta:
Mettici la benzina!, mentre: Vai coll’autobus! è il simpatico consiglio di un vecchietto su una Jimmy argentata.
Posiziono il triangolo sulla strada  a segnalare il guasto; per i più è il segnale di pericolo di femmina impedita e automunita. Non faccio in tempo a sistemarlo che subito me lo tritano, ci passano sopra, polverizzano il triangolo. E poi la demente sarei io..
At fisrt I was afraid
I was petrified
Kept thinking I could never stay alive in via Villamagna..
Nell’attesa del carro attrezzi passano 45 interminabili minuti, in mezzo alla strada con quel che resta del triangolo catarifrangente.. Ai uil survive
Ho tutta l’attenzione su di me, non sono mai stata guardata tanto in tutta la mia vita. Sguardi di odio di automobilisti inferociti, che a quell’ora sono più agguerriti di sempre. Escono dal lavoro e vogliono arrivare a casa, in palestra, ovunque purché lontano dal lavoro o da una giornata di guano, pronti a distruggere qualunque ostacolo si presenti sul loro cammino cittadino.
Ci sono alcuni ciclisti che addirittura si fermano sul marciapiede a curiosare
Oh ma non c’avete un affare vostro, uno che sia uno, a cui pensare?

Niente stanno lì a guardare, non mi chiedono nulla, guardano e basta. E quando arriva il carro attrezzi applaudono.

martedì 24 maggio 2016

BOLLICINA TRADITRICE


Liberamente ispirato a fatti realmente accaduti ad altri



“Senti ma tu lo bevi lo champagne?”
O che domanda è questa? Lo chiedi a un morto se ha smesso di respirare? Eccerto che lo bevo
E si fa aprire Jacquesson 738. “Senti io lo champagne lo bevo caldo ti va bene?”
Come sarebbe caldo?? Ecco lo sapevo, non poteva essere tutto per il verso, sennò col cavolo che stava seduto al tavolo con me. Le magagne non si fanno mai attendere, neanche il tempo di una bevuta.
Faccio cenno di no. Ha ordinato il 738 e vuoi pure che mi metta a questionare.
In realtà lo champagne arriva freddo, solo che lui non vuole la glacette, tutto qui. E poteva dirlo subito! che a momenti ci resto secca all’idea di bere bolle preziose a temperatura ambiente in questa serata calda quasi estiva.
Parla, parla molto e beve. E io lo seguo, che altro posso fare? Solo che va veloce, pare un keniano a corsa, e un gli sto dietro.
“Visto che questo non ti è piaciuto ne ordiniamo un altro”. E con questa scusa si versa l’ultimo bicchiere
“Veramente mi piaceva e parecchio”, ma mi piace anche il Laurent-Perrier che segue. Vatti a lamentare se la serata va in questa direzione, ovvero verso Reims.
“Senti io direi di mangiare anche qualcosa, m’è venuta fame e a te?”
A me mi s’è aperta direttamente la faglia di Santandrea al posto dello stomaco.. vabbé non gli ho detto proprio così, che mi pareva brutto.
Mangiamo e parliamo, soprattutto lui, ma faccio fatica a sentirlo. Parla con un tono di voce basso, o forse sono io che ormai non capisco più una sega. Ecco se c’è una cosa da non fare quando si esce con un maschio potenzialmente capace di intendere e di volere è ritrovarsi alticce. Anche se a me l’aggettivo non calza proprio, diciamo perciò sbronza. Perché finisce in due modi: stesa (a dormire), o piegata a 90 (a vomitare).
Se si presenta una terza possibilità 9 volte su 10 non te la ricordi e quindi è come se non fosse successa.  Quindi mettila come vuoi finisce male.
Poi succede un Loupiac, e un secondo bicchiere succede al primo e poi succede un taxi che mi riporta a casa barcollante e sola.


sabato 21 maggio 2016

ORZO E BANDABARDO'

La Marta ha la sua teoria: il sabato sera si esce perché escono tutti.
“Mhm” rispondo contrariata al telefono
“Si ok tranne voi ristoratori unti e con le occhiaie scavate che ci potete appoggiare il mestolo, che state a bollire per far divertire noi terremotati mentali”
“Quindi? arriva al sodo..”
“Quindi dal momento che hai chiuso il ristorante, se stai in casa di sabato sera o sei malata o sei parecchio impegnata in altre faccende”
Eccola lì dove voleva arrivare..mi guardo i piedi con i calzini celesti che spuntano appena dalle ciabattine sanitarie e penso che conciata così le uniche faccende praticabili sarebbero quelle domestiche. Ma no, quelle si fanno di mattina, mi dico, tanto per fugare ogni possibilità di granata e mocio alla mano. Poi mi ingoio due barbiturici con la candeggina e vo a letto. Per lo meno troveranno casa pulita.
Voglio far rosicare la Marta un po’
“Be’ in effetti hai ragione, ho da fare, ti devo lasciare” e riaggancio
Pochi secondi dopo dlin dlon, il telefono si illumina. E’ sempre lei con un messaggio di cui non riporto il testo per creanza, diciamo che il contenuto, riassunto, sta a metà tra: divertiti my friend e si può sapere con chi sei zoccola?
Forse più la seconda rileggendolo bene.
Siamo io e una playlist della Bandabardò. Oggi non lavoro, oggi non mi vesto, resto nudo e manifesto.  Sono fuori dal coro..
Io, loro, e un pentolino di acqua che bolle: mi sto preparando un orzo. Ma non glielo dirò mai alla Marta, capace che piomba su con una borsa piena dei suoi vestiti ascellari da farmi indossare con la forza per farmi uscire. Solo che i suoi vestiti mini per me sono abiti con lo strascico, per cui non ce li scambiamo mai i vestiti. Ho perso il filo, dunque dicevo l’orzo, meno stress e più farfalle.
Tanto per chiarire, l’orzo lo bevo (a volte) la sera al posto del caffè, ma quando sono da sola, per evitare prese di culo varie ed eventuali. Non so perché la gente ce l’abbia con l’orzo e con quelli che lo bevono. L’ultima volta m’hanno detto che bere l’orzo è come scaccolarsi col guanto da forno. Ci sono rimasta parecchio male ecco. Soprattutto perché il discorso non si è esaurito lì, ma è proseguito con delucidazioni sull'ars scaccolandi a mani nude, il dito indice e l'unghia che aggancia pezzi di aspirapolvere, mulini a vento e resti di Otzi. Per qualche giorno ho bevuto solo latte di mucca. Un altro orzo pomeridiano in un bar del centro mi valse una frase tipo: tu che prendi? per me un orzo. Un orzo?! ma io con quelle che bevono l'orzo non ci esco per principio. Infatti dopo un po' abbiamo smesso di vederci, vuoi per l'orzo, ma anche per altri piccoli particolari.
Non basta. Uso orzo liofilizzato, insomma l’Orzo Bimbo, che da quando non c ha più il bambino lentigginoso stampato sulla confezione, mi pare ancora più amaro. E non c'è nemmeno lo scuolabus giallo che attraversava i campi d’orzo di  Galliano per portare bambini a scuola a Barberino di Mugello. Bambini iperfelici che avevano fatto colazione con l'orzo solubile. Correvano gli anni 80, eravamo tutti più felici, soprattutto nelle pubblicità. E l’orzo solubile sembrava anche dolce, a volte pure buono. Per chi non si ricorda lo spot eccolo.
Allora perché lo bevo? Credo che a fregarmi sia quella schiuma compatta e ambrata che si forma solo se lo hai sciolto bene senza che compaiano i grumi. Ricorda la schiuma di un cappuccino, o quella densa e morbida di una stout, ma è solo un ricordo, che svanisce all’istante, quando al schiuma ti arriva alle labbra. Niente freschezza dissetante, né aromi d’orzo tostato  e credo si siano persi anche eventuali poteri digestivi. La bevanda è piuttosto acida, con forte aroma di bruciacchiato e amara. Ma è calda e mi fa compagnia a lungo nella tazza. E poi nelle sere di solitudine domestica, vestita come il mago Galbusera, qualunque bere sarebbe amaro, tanto vale andarci di orzo ad effetto nocebo. Tanto la prossima canzone è Beppeanna. E attenziò, concentraziò, ritmo e vitalità

mercoledì 18 maggio 2016

SATURDAY MARATHON: RECOVERY TIPS&DRINKS

“Passo a prenderti al negozio quando chiudi, così prima di andare ci facciamo un gin tonic”.
“Dai sbrighiamoci l’Aurora è già in piazza Beccaria che ci aspetta”.
“Ma tu la vedi?”
“ No, eppure dice che era già qui ad aspettarci”
All’angolo c’è una tipa ferma, ma da lontano pare troppo in tiro per essere..
 l’Aurora!!! Noooo è proprio lei!! Tra tacco e plateau c’avrà 20 cm di artiglieria ai piedi, ha ankle boots più alti delle mie mary jane con cinturino, che altrimenti le perdo. Quei centimetri però servirebbero più a me che a lei. Parecchio di più.
Siamo incredule, raro vederla così agghindata
“Ehi guarda come ondeggia coi fianchi!”
“Sta ritta pe’ l’appunto tu vorrai dire, però guarda che gamba slanciata, serata topografica eh?”
“Secondo te ci arriva in Santo Spirito con quegli arnesi? Dipende da quante soste facciamo prima..”
Eh già il problema delle soste lungo il percorso è sempre annoso il sabato. E il problema non è certo la sosta della macchina in centro. Mi costringono a un parcheggio talmente ignorante che mi varrebbe una congrua pensione all’INPS se solo chiedessi l’invalidità mentale
“Ehi ciao come stai?!! Ragazze guardate chi c’è!!” l’Aurora si sbraccia a salutare un tipo con un occhio gonfio. Neanche 50 metri a piedi e già la prima sosta che tradotto vuol dire la prima bevuta, anzi la seconda se si considera il gin tonificante.
“Cosa? state andando a fare un aperitivo a quest’ora? Ma sono già passate le nove..” esclama il tipo sfottendoci
“Sai coi tacchi camminiamo piano..”
E inizia col dire che a quest’ora in quel posto là avranno già finito il buffet, in quell’altro non troveremo posto e da Mario il sabato ci sono solo ragazzini.
Oh ma chi è questo, il vice di Dio che sa tutto e ci predice la serata?
“Ragazzini?” O che siamo le grannies col tremito alle mani e gli occhiali con la catenella che sennò un si trovano se un ci si legano al collo? “Via andiamo, che tra un po’ da Mario arrivano i genitori  a portarsi a casa i ragazzini” sbotto. Scoliamo il Camossi brut offerto dall’inviato del Signore, che gli vale qualche punto in simpatia, ma sempre pochi per via dei ragazzini.
Il percorso che ci conduce verso Santo Spirito è lungo e irto di avversità. Il problema è che se uno nasce con tare fisiche e si sforza di stare ad altezza uomo, attraverso una crescita artificiale fatta di tacchi, zeppe e carrarmati, rischia la vita ogni volta che cammina per le viuzze del centro. E  di tutto questo Dio se ne frega, la scienza se ne frega, e pure il comune di Firenze se ne frega.
E poi mi dicono che sono nervosa.
La maratona sabatina prosegue, con sosta al punto di ristoro 3.

“Dai sediamoci ai tavoli fuori perché abbiamo i tacchi”. Si lo so che ve lo state domandando; me lo sono domandato anche io. Poi ho pensato che mi andava bene così… ubriaco canta amore alle persiane. Senza senso, ma con i tacchi.
La Marta sfoglia la carta dei vini, “hanno un sacco di vecchie annate, dai vi va qualcosa degli anni 70?”
“direi di no, bastiamo già noi di quell’epoca.. restiamo nel terzo millennio almeno stasera”.
“Parli di vini o di ragazzini?”
Stronze.
Mi criticano, “una bottiglia senza neanche un po’ di fondo?.. ma che bere eh?”
Ma il giovin barbaresco si rivela una bella bevuta, condivisa fino all’ultimo goccio, senza fondata.
La serata non è ancora finita..ci attende il secret bar. Punto di ristoro 4. Sempre che ci s’arrivi.
L'anello della maratona si considera concluso al ritrovo della macchina. L'arrivo è in salita.