martedì 26 dicembre 2023

Regalare un vino



Natale, tempo di regali, e via tutti a conservare scontrini o leggere la clausola resi, nel caso il regalo non dovesse piacere. Nessuno si scandalizza se il giorno dopo la festa si va a cambiare la camicetta fucsia con una a minor impatto cromatico o se ci si reca dall'orefice per far cambiare il cinturino all'orologio. Ognuno ha i suoi gusti. 

Ma quando il regalo è un vino hai voglia a tenere lo scontrino, un vino non si cambia. E non è solo colpa dell'enotecario, il quale col cavolo che si riprende la bottiglia che hai ricevuto in regalo per cambiartela con una di tuo gradimento.

E anche qualora vi fosse un enotecario disposto a barattare quel dono con un'altra etichetta, sicuro dell'integrità della bottiglia dopo la sortita dal suo scaffale, resta il fatto che un vino è un regalo che non si cambia. 

Così come non si cambia un libro anche se te ne hanno regalato uno di Fabio Volo, così come non si cambia un CD (sempre che qualcuno li regali ancora). E' una cosa troppo sgradevole, quasi un'offesa, è come dire alla persona che ti ha fatto quel regalo, che legge libri spazzatura o che ascolta musica dimmerda. O che peggio ancora beve da schifo..

Nella mia esperienza non mi è mai capitato né di riportare un vino indietro, né di doverlo cambiare a qualche cliente. E onestamente neanche di regalarlo per Natale. Perché mi scatta un meccanismo subdolo: scelgo pensando a cosa piace a me, non a ciò che berrebbe il destinatario. Non compro vini che non mi piacciono anche se devo regalarli. E se compro quelli che mi piacciono poi non li regalo, li tengo per me. 

Detto così suona malissimo se in più si considera che lavoro in una enoteca; mi suonano tutti i tasti dolenti. Perché in realtà penso che regalare un vino sia una cosa bellissima, ma a onor del vero si gode molto di più quando il vino ce lo regalano.

Solo una volta sono rimasta davvero male aprendo uno shopper portavino. A  farmi rimanere di stucco, non è stata la bottiglia in sé, ma la frase che l'accompagnava: "E' per te, è un vino hipster con lo sguardo volto al passato..". La frase nerd che m'ammerd :-(

E credo sinceramente che volesse far colpo.

Ho respirato e l'ho guardato negli occhi; un lungo intenso sguardo di fraintesa. Mille pensieri mi sono frullati in testa tra un passato di verdura e un passato remoto, un passito ma non muffato, un vino vecchio, morto trapassato a miglior vita. Conclusione: "Ma che minchia sta dicendo?"

Un bel regalo distrutto. Il più delle volte un vino parla da solo, ma ci manca l'umiltà di non aggiungere altro. Dobbiamo per forza descriverlo, raccontare una storia dare un perché. Scrivere biglietti da deserto cerebrale. 

Che è andata a finire male si intuiva da sé. Ma la bottiglia, che fine ha fatto?

L'unica volta in cui ho ceduto alla tentazione del riciclo del regalo. E' bastato cambiare busta e non mettere biglietto di auguri. Quella bottiglia ha fatto felice qualcun altro. Molto felice.



sabato 9 dicembre 2023

La Parola dell'Anno 2023 è RIZZ


E' RIZZ la parola della lingua inglese dell'anno 2023 secondo i lessicografi dell'Oxford University Press, la seconda casa editrice accademica più antica del mondo e l'editore dell'Oxford English Dictionary. 

Rizz sta ad indicare stile, fascino, carisma, attrattiva o capacità di attrarre un partner. Deriva dalla contrazione di "charisma" e già qui si potrebbe disquisire sulla capacità di abbreviazione degli inglesi. Forse abbreviarla con char** avrebbe assunto una connotazione troppo "domestica" o fortemente bruciacchiata?

** char traduce sia i termini di donna delle pulizie-domestica, che carbone e affini

Ma vorrei analizzarla da fiorentina. Leggo quanto riportato in rete da nota testata giornalistica: "Può anche essere utilizzato come verbo - "to rizz up" - e in tal caso è da intendere come attrarre, sedurre o semplicemente chiacchierare con una persona per suscitare in lei un certo interesse". 

Turizz-ap, quale migliore parola per indicare seduzione. Ci potevano arrivare anche i fiorentini, senza scomodare l'Oxford Dictionary.

Vediamo di provare a impiegarla in una conversazione a pro di rimorchio.

"oh non credo di essere così affascinante.."

"no no tu rizz"

o peggio

 "oh quella tipa ha proprio stile, l'è una gran rizz.." 

In fiorentino rizz o to rizz sono ahimè utilizzabili solo dal genere maschile; e noi gentildonne restiamo escluse dall'uso della parola più cool dell'anno. Che cul..

Comunque consoliamoci che ai cremonesi gli va peggio: to rizz che batte il tòron e il Turàs

giovedì 7 dicembre 2023

Scusi signorina..


"Scusi Signorina!? così mi ha chiamato un cliente l'altro giorno". La mia amica si sfoga piagnucolando mentre io cerco di consolarla. "Com'era quella storia che dopo una certa età diventiamo tutte signore? E allora che c'ho io che non va per esser parte della categoria?"

"Bah", rifletto a voce alta, "nel termine signorina si insidiano due significati: quello della giovane età e quello di donna non sposata". Forse sto peggiorando la situazione. 

"E visto che, data la mia età, il primo significato non mi s'addice più, vuoi dire che quel signorina stava per donna senza marito? Avanti su dimmi, da cosa si capisce che non sono sposata?". 

"A parte che non hai la fede, non si direbbe. E poi senti, l'esser senza marito è più un vanto che un'onta, di che stiamo parlando?"

Segue un silenzio di approvazione. A volte dico cose intelligenti. Proseguo, "senti, molte signore e signorine, vorrebbero arrivare alla tua età con tale disinvoltura. Parecchie donne sposate soprattutto" -sorrido sorniona..

"Vuoi dire la nostra età.."

"Si uffa, non farmi sentire una vecchia ciabatta!"

"E' perché zoccolo è maschile sennò zoccol* ti s'addiceva di più!" Sto zitta, me lo merito dopo ste gaffe sull'età. "Dai ordiniamo da bere che ne abbiamo bisogno"

"Per me un cocktail Martini con.." - mi interrompe bruscamente "vabbè se poi ordini un martini con l’oliva tradisci tutta la tua età, anche se ben mascherata da trucco-stucco e capello alla Tina Turner"

"Per la signorina invece la China Martini, scardata con lo zucchero e la scorza d'arancia, ma non bollente, che poi la si scioglie, l'è imbalsamata con la cera". Quando c'è da punzecchiare qualcuno mi viene meglio in fiorentino stretto.

Viste da fuori, in questo caffè del centro di Firenze, potremmo sembrare due statue del museo delle cere, due Madame Tussauds dell'Ottocento sedute a un tavolino all'ora del Vermut. Se solo sapessimo ballare un valzer o qualche passo di quadriglia, saremmo due perfette signorine importunabili. Si ho detto signorine.

Qualche anno fa tutte e due si inorridiva al pensiero d'esser chiamate signore e ora quando ci danno di signorine si va in depressione. Sciocche. In questa corsa alla privazione d'ogni riferimento di genere e condizione sociale nelle parole, (che l'accusa di sessismo sta sempre appollaiata nei paraggi), si perdono le sfumature della nostra lingua. Signorina nella letteratura spesso descrive donne pudiche e riservate, garbate nelle maniere e nei sentimenti e a volte in età avanzata. Che forse oggi il garbo non si addica più a noi donne? Bah, un po' di quella grazia di signorina e misura nelle parole, gote che arrossiscono e pance coperte, non sono robe vintage e men che meno stantìe, in barba a tutti gli ombelichi al vento che si vedono a giro.

Mi viene in mente la signorina dei tabacchi che vendeva le sigarette al mio paese. Una donnina piccina che aveva una sorta di rivendita di tabacchi all'ingrosso. Tutti la chiamavano signorina anche dopo essere andata in pensione. E lei prontamente correggeva coloro che la chiamavano Signora; "Signorina prego"- ribatteva, benché non mascherasse le rughe o un'andatura oscillante per l'età. Lei era signorina e voleva essere chiamata così. Senza vergogna alcuna per mariti non pervenuti e senza che l'età l'avesse privata del suo sentirsi una ragazza . 

"Figliola", penso a voce alta, col Martini alla mano, incurante delle accuse di vetustà della mia amica; c'è dell'eleganza mi dico tra me e me mentre sputo il nocciolo dell'oliva nel posacenere. Eleganza a tratti. Ritorno con la mente a figliola, una bellissima parola fiorentina ormai in disuso. "L'è proprio una bella figliola!",  lo diceva ogni tanto mio nonno quando dal circolo del paese usciva una femmina degna del suo interesse, sottratto per qualche secondo al Guerin Sportivo di cui era avido lettore. Che bella figliola è una espressione che non ha età, si addice a signore e signorine senza causare crisi esistenziali, al massimo un sorriso di compiacimento.

"Cosa hai detto Sabri?"

"No no niente, pensavo a figliola.." mi affretto a rispondere. Lei ritorna con lo sguardo sul cellulare, non sembra interessata a discorsi da Accademia della Crusca. E forse in questo momento neanche io.