sabato 31 marzo 2012

L'ALTRA FACCIA DEL VINITALY

Barbara Bonaccini
Sui blog si è fatto un gran parlare delle code interminabili, delle linee impazzite, per non dire latitanti, dei cellulari, del taglio delle standiste dal sorriso Durbans e il tacco che più a spillo non si può…insomma quel gran Luna Park della fiera vinosa più importante d’Italia ha come sempre lasciato il segno nel bene e nel male.
 Quello che mi resterà dentro della mia trasferta veronese sarà, con gran sollievo l’altra faccia del Vinitaly ovvero:
  •  le semideserte stradine periferiche alla fiera dove con un po’ di audacia e, beh si ammettiamolo, .con una bella botta di… siamo riuscite a parcheggiare, senza pagar nulla e con in più il vantaggio di poter fare due passi all’uscita dall’ottovolante delle degustazioni mentre nelle vie parallele regnava l’inferno.
  • I ristoranti sulle colline veronesi, Dalla Bice a Torbe e La Cola ad Avesa: alla faccia dei tornanti ubriacanti e dell’aspetto esteriore da trattoriine di campagne, ambienti accoglienti e dall’atmosfera rilassata dove ci siamo ristorati dalle immani fatiche della giornata a suon di bigoli e baccalà mantecato.
  • Casette Volpare, un delizioso B&B immerso nel verde degli ulivi, fra profumi di pesco e sotto un tappeto di stelle. Un paradiso ad appena…7km da Verona, fissato solo a gennaio,  non lo scorso anno,  con buona pace di quei poveri espositori che fissano con un anno di anticipo topaie cittadine che assumono magicamente il nome di “hotel” nei giorni fatidici della fiera.
  • Le pale secolari dei mulini di Borghetto, un nugolo di pietre sulle sponde del Mincio che sembra uscito da una fiaba di Andersen.
  • Un’amica chef, un po’ svitata come me, un po’ Thelma o…un po’ Louise, con cui scorrazzare in auto lungo la Strada del Riso Vialone Nano IGP alla ricerca del gustoso souvenir di una tre giorni di spensierato godimento.


giovedì 29 marzo 2012

REDUCE DAL VINITALY

La tre giorni veronese si è conclusa; alquanto frastornata e con i piedi ancora doloranti nonostante le scarpette comode da nonna con patata e lupini (vuoi vedere che c’hanno ragione loro con lo stivale aggressivo?), provo a riordinare le idee.
Lo definirei, il mio, un vinitaly “particolare”, pochi assaggi, molti incontri, convegni e degustazioni guidate: diciamolo pure, sto invecchiando alla velocità del neutrino dopato.
Niente caccia al vino più buono, niente assalto allo stand del vino più caro o di quello introvabile, ma un tranquillo giretto sulle pendici dell’Etna, seguito da una mirata incursione in Campania per incontrare quel buon uomo di Guido Marsella, al quale miss BB ha fatto una sviolinata coi fiocchi…tanto che mi sono sentita di reggere il moccolo anziché un bicchiere di fiano, peraltro davvero buono.
Poi un intero martedì dedicato ai vini bio, iniziato con l’incontro con Nicolas Joly, comunicatore energico e ironico, che con passione ha esposto il concetto di ritorno alla verità del gusto, contro la cosmetica del vino che produce vini a Appellation d’Origin l’Oreal. In giacca e sandali birkenstock su calzettone importante, ha parlato davanti a una sala gremita e ha finalmente reso giustizia alle mie scarpette geox, contro tutti gli stivali su plateau di almeno 3 cm che deambulavano tra gli stand. A questo proposito mi si consenta una digressione (e mi si perdoni il “mi si consenta”): c’è chi ha lamentato o quanto meno registrato, come effetto della  crisi, la diminuzione drastica del numero delle standiste, bè a me è parso che tutto ciò fosse ampiamente compensato dall’aumento di altre belle femmine dall’abbigliamento “minimalista”, scarpe escluse, che si aggiravano ancheggiando tra i padiglioni e soprattutto intasavano gli specchi dei bagni oltre misura. Chi erano costoro?
Ritornando al vino naturale, il Vi.Vi.T batte resto del vinitaly, con qualche eccezione. Ovvia l’assenza di stand supermegagalattici, tutti i produttori dietro lo stesso banchino in legno, sopra al quale compariva scritto il nome dell’azienda in grassetto nero su cartoncino bianco, e sotto la regione d’origine (aggiunta a penna dai produttori stessi): troppo bello, troppo vero.  Un unico bicchiere consegnato all’ingresso e poi ritirato all’uscita, tanti vini buoni, vivi e stuzzicanti al naso. Insomma, il vinitaly mi è servito anche a appurare che i vini bio sono buoni e non “puzzano”..c’ho le prove!! 
Le altre cose appurate in fiera:
-         l’utilità dell’area lounge dell’AIS: dopo ore di cammino tra i vari stand, padiglioni e code per i bagni, la cosa più ambita non è un bicchiere di vino, ma una sedia, un qualunque punto di appoggio per le chiappe pesanti e qualche minuto di riposo senza brusio
- più che "i dieci volti del furmint", si è chiaramente manifestata la sua potenza: decine di puttonyos che si stratificano slla mucosa gastrica possono mettere a dura prova anche i sommelier più navigati e indurre a parlare, troppo, anche in inglese. oh yesss!!


venerdì 23 marzo 2012

STRUDEL DI MELE E PERE

Dosi per 8 persone
Per la pasta:
300 g farina 00
180 ml acqua tiepida
40 ml di olio extravergine di oliva
sale

Per la farcia:
circa 500 g tra pere e mele cotogne sbucciate e private del torsolo
100 g di zucchero di canna
60 g di pangrattato
150 g di burro
100 g uvetta
100 g di pinoli tostati
cannella in polvere
sale

Preparate la pasta mescolando la farina setacciata e il sale con gli altri ingredienti. Impastate per circa 10 minuti sbattendo ogni tanto la pasta sul piano di lavoro, in modo da favorire lo sviluppo del glutine e ottenere una pasta molto elastica. Lasciarla riposare per 2 ore coperta con un panno umido.

Tagliate la frutta a pezzetti e passatela in padella con circa 70 g di burro e l’uvetta. Quindi mettetela in un recipiente, unite gli altri ingredienti e fate raffreddare.

Stendete la pasta grossolanamente con il matterello, quindi iniziate a tirarla con le mani, facendola scorrere sui pugni chiusi o sul dorso della mano: la pasta essendo molto elastica si assottiglierà molto senza rompersi (tiratela fino ad  ottenere uno spessore così sottile da poter vedere in trasparenza le vostre mani). Stendetela su un canovaccio infarinato, spennellatela con il burro, quindi versateci sopra l’impasto e arrotolatela a spirale aiutandovi con il panno. Saldate bene le estremità dello strudel in modo da impedire la fuoriuscita della farcia; rivestite una teglia con della carta forno, adagiatevi lo strudel e infornate per circa 30 minuti a 190°C. Servite cospargendo di zucchero a velo.

Si fa così perché:
-         Impastare correttamente serve a formare le maglie di glutine, responsabile dell’elasticità della pasta, che quindi potrà essere tirata fino in sfoglia molto sottile. Lasciarla riposare serve a far rilassare le maglie proteiche neoformate, il che consente di poter modellare la pasta facilmente.
-         Passare la frutta in padella permette di eliminare parte dell’acqua e iniziare una sorta di caramellizzazione degli zuccheri della stessa
-         Tostare la frutta secca prima di utilizzarla consente di svilupparne appieno l’aromaticità

mercoledì 21 marzo 2012

IL PINOT NERO DEL 2° PIANO

di Barbara Bonaccini
Spezzare il ritmo frenetico della settimana lavorativa? Metti un giovedi sera a casa di amici per vedere un dvd. Divano confortevole, languide profumate fettine di speck altoatesino,  bocconcini saporiti di formaggi valdostani, pane alle olive e taralli (quelli veri) pugliesi.
Cibo da piluccare tanto per non distrarsi dalla visione del film scelto per la serata: Le donne del 6° piano, commedia francese garbata, ironica, non sdolcinata, capace di svelare profondità dietro un'apparente leggerezza.
Come il vino scelto per accompagnarlo, il Pinot Nero Blaueburgunder Mazzon di Gottardi annata 2006. Leggiadro per il colore (un rubino scarico virante decisamente al granato), garbato e tutt'altro che sdolcinato al naso con profumi minerali e terrosi, direi più borgognoni che fruttati da Pinot altoatesino, come invece questo è. E al pari del film, dietro l'apparente leggerezza del sorso tanta profondità  e una miriade di sensazioni: appagante nella sua "semplicità" senza clamori e forzature. Un po' come le donne del 6° piano, semplici e umili cameriere che con la loro spontanea solarità fanno riscoprire i piaceri più autentici della vita al protagonista Jean Louis, ricco finanziere, annoiato da un ménage coniugale piatto e rigido.

Al padrone di casa, il costruttore del 2° piano..., un plauso per l'abbinamento azzeccatissimo del vino. Chapeau!

lunedì 19 marzo 2012

IL VINO DELLA PACE

Ricevo in regalo questa bella e preziosa bottiglia del Vino della Pace 2006.
Sull’etichetta si legge quanto segue: “stappando questa bottiglia si avvera il sogno di liberare il Genio dormiente nel soave vino estratto da quasi 600 viti diverse, provenienti da tutti i continenti; così nel bicchiere confluisce il sapore del mondo, distillato attraverso il suo frutto più nobile grazie alla sapienza del maestro cantinieri Luigi Soini. La Vigna Del Mondo prospera a Cormòns, in Friuli Venezia Giulia, unica regione d’Europa in cui si incontrano la cultura latina, germanica e slava, dove convivono linguaggi ruvidi e dolcissime parlate, dove la concordia è sempre stata un’aspirazione e una necessità e dove da millenni si coltiva la vite”.
Il vino della pace si produce dal 1986, e dopo ogni vendemmia è reso ancor più prezioso grazie al contributo di tre artisti di fama mondiale, che ne firmano le etichette. Per questa annata le preziose ed uniche etichette sono state realizzate dall’artista cubano Alfredo Sosa Bravo, da Valerio Adani e Concetto Pozzati. Ogni anno tutti i governanti del pianeta ricevono in omaggio la triade di bottiglie, quale “invito alla fratellanza e alla convivenza dei diversi”.
La mia preziosa bottiglia reca l’etichetta siglata da Valerio Adani, a lato anche una poesia di Guccini.
Si tratta chiaramente di una bottiglia da collezione, data la sua unicità, ma la curiosità mi attanaglia. Quale potrà essere il profumo di un vino così? E gli aromi di centinaia di vitigni combinati insieme? Più ci penso e più mi vien voglia di aprirla..
No non posso, non posso stapparla, mi pare quasi una mancanza di rispetto..in questa bottiglia c’è un messaggio e non semplicemente un vino.
Forse dovrei conservarla per un’occasione speciale? Ma il fatto stesso di aprirla è già un’occasione molto speciale di per sé..
La bevo, non la bevo, la bevo non la bevo..
Il vino della pace ha creato un conflitto.

venerdì 16 marzo 2012

DA GRANDE SARO’ UNA BLOGGER?

E’ da poco più di due mesi che l’Ecce Kitchen ha aperto i battenti e le lacune si sono palesate in un batter d’occhi. Premesso che spero di avere sempre qualcosa di divertente da raccontare, mi sono chiesta se da grande riuscirò a passare da cuogger a blogger, da bruco che son io a farfalla.
E’ dato per scontato che io superi le sanguinose guerre intestine tra grammatica e sintassi, che mietono impietose le frasi nei miei post, e che mi riconcili definitivamente con la punteggiatura. Insomma la lingua è importante e non basta avercela lunga, questo l’ho capito.
Appurate queste due condizioni, necessarie ma non sufficienti, torno a pormi la domanda: diventerò una blogger?
La risposta è no. Non sarò mai una blogger fin quando non avrò adottato un look adeguato.
La cosa mi si è palesata a Identità Golose e a qualche altra manifestazione vinosa, ovvero che così conciata, come aspirante blogger sarò per sempre riformata. Aspetto solo il Vinitaly per la conferma..
Ho capito che è indispensabile una visita dal parrucchiere, almeno once a week, e non una volta l’anno per la tosatura stagionale.
Ho capito pure che devo abbandonare le comode scarpette antinfortunistiche a favore di una scarpa con tacco pronunciato e pattina. In realtà nella trasferta milanese c’avevo provato con un decolleté classico e indolore, ma al cospetto della parata di calzature sfoggiata dalle bloggerissime, mi sentivo di avere due infradito.
E ho scoperto che il guardaroba deve essere composto da vestiti aderenti, non più lunghi di una spanna, delle specie di livree dai colori magnetici, con funzione di richiamo, rigorosamente smanicati e naturalmente da portare tal quali (addio  ciclista, addio maglioncino) anche nei giorni del Blizzard. E pensare che sono arrivata a Milano per la grande kermesse culinaria con collo alto e canottiera misto lana..ho visto troppi Totò.
Con questi “piccoli” interventi forse..
e anche se non diventerò un Cavoletto di Bruxelles magari non seguiterò a sentirmi un broccolo.
Good luck!!

mercoledì 14 marzo 2012

APPUNTI DA TERRE DI TOSCANA

Alcune note sul lunedì trascorso a Terre di Toscana 2012..
1. quelli che il Pinot Nero: ci sono quasi tutti i produttori del Pinot nero dell’Appennino Toscano,    e l’occasione ghiotta non mi sfugge.
Folgorante l’incontro con Podere Fortuna: parlano francese questi vini, tanto che mi chiedo se San Piero a Sieve sia un comune della Côte de Nuits o del Mugello..
Sempre gradevole Il Rio 2009, e poi quando dietro ci sono delle persone belle e veraci come Paolo e Manuela, i vini mi sembrano ancora più buoni.
Interessanti il frutto e le erbe aromatiche del Pinot nero di Concori; Casteldelpiano mi ha colpita più per il Vermentino nero 2009, tutto pepe non solo nel nome, che per il Melampo 2009, un tantino scontroso nei tannini. Discreto il Pinot 2009 de Il Lago, peccato che in questo caso si applichi la formula (tipologia di coppiere) di cui al punto 4. Il Pinot di Macea lo vorrei riassaggiare in pace, senza gli urti di chi spingeva per raggiungere Mastrojanni.
2.      quelli che: accidenti però!! Montecucco rosso. Salustri: APPLAUSI! Ma perché non ti ho incontrato prima? Colle Massari buono il Rigoleto 2009 e molto buono il rosso riserva 2008.
3.      quelli che ohi ohi: Tenute di Ghizzano. Il Veneroso ha note ematiche esageratamente spinte, e il dubbio è se sto bevendo o se mi sto facendo una trasfusione. Già mi vedo allo specchio coi denti da vampiro.. necessito di un po’ d’acqua. Passo al Nambrot, ma quel saporaccio di sangue non mi è ancora passato. Peccato, magari era buono..
4.      quelli che ho saltato: ho scansato alcune aziende che pure valevano la sosta, per questioni di pura antipatia coi coppieri: tirati a superlucido dai capelli fino alla punta dei mocassini, mi mettono terribilmente a soggezione. A vederli così agghindati mi fan pensare che scendano in campo (ops in vigna) solo per farsi fotografare. Mi sono stufata di quelli che il vino fa tanto FICO quando  il frutto è in realtà l’uva
5.      quelli che valgono la visita intera: Stefano Amerighi. Avrei sostato per ore ad ascoltarlo, sebbene le sue mani, col palmo viola, colore dell’uva, già parlassero per lui.. e sempre al tuo fianco là, che syrah syrah..
6.      quelli che mi sono persa: nel vortice di grandi nomi e con lieve ebbrezza montante mi sono scordata di assaggiare Tenuta di Valgiano, accidenti a me, me lo ero pure segnato!
Stessa sorte per Argentiera. In realtà dopo aver sostato a lungo ne I Luoghi, assieme a Podere Ritorti 2008 e a Campo al Fico 2008, ho preferito chiudere così, in bellezza, la mia sorseggiata bolgherese. Non me ne pento.

domenica 11 marzo 2012

ERBORINATI PROTAGONISTI

L’altro ieri l’amico Patrizio  si è presentato con un bel mazzo di mimosa per donna Lisetta e per me, con annesse un paio di bottiglie (il che non guasta mai): un marsala vergine riserva e un bel porto vintage del 2005 (sebbene ancora in fasce è sempre gradito regalo). Ho pensato a come potevo ricambiare un pensiero così gentile e sono giunta alla conclusione che la cosa migliore che potevo fare era stapparle con lui e pasteggiarci. Anni di scuola AIS mi hanno insegnato che i liquorosi si abbinano agli erborinati e questo è noto, ma un intero pasto sorseggiando porto e marsala ancora mi mancava.  L’idea mi intrippa. Così nel pomeriggio sono scesa in corsa a Firenze e ho preso tutti gli erborinati che sono riuscita a trovare in volata, poi via verso casa con i finestrini della macchina spalancati. Per difendermi dalle esalazioni del Penicillium glaucum ho rischiato di beccarmi uno Streptococcus pneumoniae.. chissenefrega sono una microbiologa io, leggetevi il curriculum.
Ieri superpatrizio è tornato e abbiamo pranzato insieme, grazie a un menu semplice che ho potuto realizzare in poco tempo anche con altri avventori al ristorante.  
Le preparazioni sono estremamente facili, tanto che mi pare inutile riportare la ricetta. Just keep the idea.. Naturalmente gli erborinati sono intercambiabili tra le diverse ricette (shropshire a parte..)

Crocchette di patate con cuore di gorgonzola piccante. Non vi sto certo a spiegare come fare le crocchette di patate, solo ricordatevi la crosta, che sia spessa e croccante, per cui prima pangrattato poi uovo poi di nuovo pangrattato. Niente sale nell’uovo.
Sandwich di polenta con blue shropshire. Il blue shropshire a dispetto del nome è giallo, quasi arancione, insomma lo stesso colore della polenta con cui lo andate a servire. E’ compatto rispetto agli altri e regge meglio il passaggio in forno. Per non perdere tutto il ripieno avvolgete il sandwich in una sottile fettina di lardo.
Tartellette di pasta brisée con roquefort, pere e noci. Si rasenta la banalità ma il risultato è assai gradevole. L’unica noia può essere la pasta brisée. Potete ovviare utilizzando quella già pronta in rotoli e siete già a più di metà dell’opera. Se la fate da soli..allora siete mmmoooltoo più avanti ;-)
Ravioli di grano saraceno ripieni di Verzin e fichi secchi. Il Verzin è un erborinato di latte vaccino prodotto dal mitico Beppino Occelli (la mia grande scoperta al salone del gusto nel 2008). Tranquilli, l’ho trovato al banco gastronomia della Coop, unico consiglio: prendetene in abbondanza o potrebbe mancarvi a forza di assaggiarlo..
Eh si questi ravioli li dovete fare con le vostre manine, ma che sarà mai fare tre etti di pasta ovvero mescolare farina, uova e un po’ di olio di gomito.. per il ripieno basta un cucchiaio, non occorre neanche il sac à poche e poi basta un coppapasta per ritagliare dei cerchi di pasta. Tutto qui. Li ho conditi con burro e pancetta a listarelle.
Per questa ricetta ho utilizzato un linguaggio da Clerici, un approccio da Parodi e l’approssimazione da Tessa Gelisio.
MI VERGOGNO.
Per fortuna vostra scrivo e perciò non sentite la mia voce, ma vi assicuro che è un pochino più soave di quella dell’Anna Moroni..
Straccetti di manzo allo stilton. Quando unite il formaggio spengete il fuoco. C’è altro da dire?
Spiedini di prugne secche e albicocche secche farcite con gorgonzola dolce. Lo confesso l’ho mischiato con un cucchiaio di mascarpone.


giovedì 8 marzo 2012

SENZA BOLLICINE NON E' VENERDI'

Barbara Bonaccini
 Il seminario sullo champagne è finito: e il venerdi non è più venerdi. Era diventato il mio sabato del villaggio di leopardiana memoria: l'annuncio del weekend, della festa. Bere 10 champagne a sera, era già la Festa. Che cominciava fin dal venerdi mattina quando preparavo sulla scrivania, quaderno e valigetta dei bicchieri e facevo il conto alla rovescia, già con la testa piena di bollicine che solleticavano la mia immaginzione. Neppure il vento gelido e la temperatura polare di qualche sera potevano smorzare l'entusiasmo...non si può proprio far attendere lo Champagne, o peggio dargli un bidone.
Ora che tutto è finito,  arrivo al venerdi e mi sento come un pesce fuor d'acqua....e vi assicuro che ci si sta parecchio bene nell'acqua di Reims (per i non affetti da champagnite acuta , metafora usata per indicare lo Champagne). Come quando la nostalgia delle vacanze si fa più acuta, si vanno a rivedere le foto per rivivere un po' di quell'atmosfera, così per alleviare l'astinenza mi sono messa a sfogliare il  mio diario di degustazione. Ecco i miei ricordi più belli:

IL MITO: Cristal 2004. Un guanto di velluto. Mi ha conquistato per il suo charme misurato, non opulento. Avrei voluto scrivere I MITI, ma il Dom Perignon 2002, assaggiato a seguire, forse ha ancora bisogno di riposo per esprimersi al pari della fama che si porta dietro.

LE CONFERME: Roederer e Philipponat e sai cosa bevi. Troppo tradizionalisti? Pas de problèmes, per loro la porta di casa mia è sempre aperta.

L'INCOMPARABILE: Jacques Selosse. Chi sono io per dirne o descriverne qualcosa? Nessuno. Dico solo che vini come l'Exquise e il Substance non si possono non assaggiare perchè inevitabilmente lasciano dietro di sè un'impronta indelebile e perchè no? disarmante.

LA SORPRESA: André Clouet. Abbiamo assaggiato diverse tipologie, caratterizzate dall'impronta decisamente maschia e vigorosa del Pinot  noir di Bouzy, fino all'immensamente grande Un jour de 1911 Grand Cru.. Un blanc de blancs composto da cuvèes degli anni 1996, 1995  e1997 che l'ultima sera se l'è giocata alla pari con i miti, vincendo almeno per me la partita.

GLI OUTSIDER: Sentire buoni vini dà sempre piacere ; ma la soddisfazione è più grande quando t'imbatti in vini  buoni frutto della passione e del sacrificio di piccoli produttori. E allora ecco dal mio quaderno dei ricordi M. Noelle Ledru da Ambonnay (pure lei!!!) e Emmanuel Guerin da Verzenay. Provare per credere!!!  e perfino a prezzi ragionevoli. Il che non guasta mai.

mercoledì 7 marzo 2012

SE METTI PREMIUM E HERES NELLO STESSO GIORNO..

..la sfida è aperta. O si va dall’uno o si va dall’altro, oppure si va la mattina dal primo e il pomeriggio dal secondo. Poi si va di filata a letto imbottiti di analgesici. Così ho fatto e così è stato.
I due super quotati distributori di vino e affini, si sono sfidati a suon di nomi (e vini) da paura.
Nel corso della giornata, assai faticosa per le mie gengive e per lo smalto dei denti, una super giuria composta da me, myself and I ha premiato alcuni vini (ma per lo più vignaioli) sia dell’uno che dell’altro wine seller. Qui un breve riassunto.
Premio Alto Adige: se lo aggiudica Kofererhof a tavolino, non perché c’ho piena la cantina del suo kerner, ma per il semplice fatto che dopo aver sgomitato a lungo per raggiungere quel bel giovanotto che è Manni Nossing, il suo kerner era finito e quando come sopra mi sono trovata face to face con “Herr” Falkenstein, lui aveva finito il riesling.

Premio Etna: se lo accaparra Tenuta delle Terre Nere. Mi piacciono le etichette, mi piace la scelta della borgognotta e soprattutto mi piace il sottile e balsamico Santo Spirito 2008. A dirla tutta Benanti se l’è giocata alla grande (sebbene il mio primo incontro con il Rosso di Vergella, qualche settimana avanti, non sia stato dei migliori per colpa di una leggera rifermentazione). Ma  il Serra della Contessa 2006 è roba da far girare la testa e il pensiero di quelle vigne di 110 anni dà i brividi..

Approdando in zona Chianti Classico, mi trovo persa nel decretare un vincitore, se a giocarsela sono Barberino VE con Isole e Olena, Gaiole con San Giusto a Rentennano e Radda con Montevertine. Certo è che il clima chiantigiano non giova soltanto alle viti, ma pure/soprattutto ai viticoltori, lo dimostrano l’ironico e aitante  Martino Manetti, il fascinoso e abbronzantissimo Luca Martini di Cigala e l’affabile e aggraziato Paolo de Marchi, gentile e disponibile pure con una perfetta sconosciuta come la sottoscritta.
E allora anziché assegnare il premio chianti classico, opto per il  premio gallo nero, che si aggiudica il Martini di Cigala: l’occhio verde su ricciolo scuro vince, stravince su tutti i gallo nero su sfondo oro. Leggi dell’estetica. Datemi torto se ci riuscite..

Ho distribuito molti altri premi nel corso della giornata (sentendomi un po’ dea bendata un po’ dea ubriaca). Simpatia e prezzo per il Caburnio di Tenute Monteti, premio “la mia prima volta” al Caberlot (mi ci sono fiondata prima che finisse, per non restare con un palmo di naso come le altre volte..), premio resistenza ai due amici che hanno fronteggiato l’assalto degli assetati al banco della Borgogna e premio a miss BB per essersi sgamata il servizio… anche se mescere Gevrey-Chambertin in compagnia del sig. Santini sarebbe stato tutt’altro che spiacevole, o almeno credo ;-) 

venerdì 2 marzo 2012

TORTA SABBIOSA CON ZABAIONE AL MOSCATO

In occasione della serata dedicata agli spumanti charmat, tenuta in collaborazione con COOP ho proposto questa torta in abbinamento all’Asti spumante. Pur essendo una preparazione estremamente facile, questa torta è di una bontà disarmante, se poi la si accompagna con una crema inglese aromatizzata a piacere o con una salsa al cioccolato, diventa pericolosissima…occhio!
Naturalmente evitate la salsa al cioccolato se ci volete bere un moscato, frizzante o spumante che sia..

Ingredienti per la torta
150 g farina
150 g fecola
300 g burro
300 g di zucchero
3 uova
½ bustina di lievito
sale

Lavorare il burro ammorbidito (fatelo ammorbidire parecchio altrimenti l’impasto risulta molto compatto e si lavora male) con lo zucchero e un pizzico di sale. Aggiungere i rossi di uovo, quindi le farine e il lievito setacciati. Per ultimo aggiungere la chiare montate a neve, mescolando dall’alto in basso per non smontarle.
Stendere l’impasto in una teglia imburrata e cosparsa di pangrattato o farina (l’impasto rimane molto sodo per cui livellatelo un po’ con una spatola).
Forno caldo a 160°C per circa 40 minuti (dipende dal forno), dategli un controllo ogni tanto, ma senza aprire il forno almeno per la prima mezzora.
(Dosi per una teglia di circa 20x35: io ho usato quelle di alluminio usa e getta per poterle trasportare facilmente al corso)

Ingredienti per lo zabaione al moscato
4 rossi d’uovo
60 g zucchero
120 ml moscato (o altro vino tipo GWT, vin santo, passiti..)
sale

Mescolare i rossi d’uovo con lo zucchero e un pizzico di sale e aggiungere il vino precedentemente riscaldato (anche nel microonde alla massima potenza per 1 minuto) così da far evaporare l’alcol. Mettere sul fuoco a fiamma molto bassa e far addensare, sempre mescolando vigorosamente con una frusta (come utensile per la cottura usate una casseruola in acciaio con fondo spesso). La crema non deve assolutamente bollire, sennò si straccia, ma scaldarsi fino a che non comincia ad ispessire (vela il cucchiaio). Altro indizio che rivela il momento di cottura è la scomparsa della schiuma sulla superficie della crema. Toglierla subito dal recipiente caldo sennò continua a cuocere e farla raffreddare in un bagno di acqua fredda.

Distribuire la salsa al moscato sul fondo del piatto e adagiare una fetta di torta precedentemente spolverizzata con zucchero a velo.