giovedì 29 marzo 2012

REDUCE DAL VINITALY

La tre giorni veronese si è conclusa; alquanto frastornata e con i piedi ancora doloranti nonostante le scarpette comode da nonna con patata e lupini (vuoi vedere che c’hanno ragione loro con lo stivale aggressivo?), provo a riordinare le idee.
Lo definirei, il mio, un vinitaly “particolare”, pochi assaggi, molti incontri, convegni e degustazioni guidate: diciamolo pure, sto invecchiando alla velocità del neutrino dopato.
Niente caccia al vino più buono, niente assalto allo stand del vino più caro o di quello introvabile, ma un tranquillo giretto sulle pendici dell’Etna, seguito da una mirata incursione in Campania per incontrare quel buon uomo di Guido Marsella, al quale miss BB ha fatto una sviolinata coi fiocchi…tanto che mi sono sentita di reggere il moccolo anziché un bicchiere di fiano, peraltro davvero buono.
Poi un intero martedì dedicato ai vini bio, iniziato con l’incontro con Nicolas Joly, comunicatore energico e ironico, che con passione ha esposto il concetto di ritorno alla verità del gusto, contro la cosmetica del vino che produce vini a Appellation d’Origin l’Oreal. In giacca e sandali birkenstock su calzettone importante, ha parlato davanti a una sala gremita e ha finalmente reso giustizia alle mie scarpette geox, contro tutti gli stivali su plateau di almeno 3 cm che deambulavano tra gli stand. A questo proposito mi si consenta una digressione (e mi si perdoni il “mi si consenta”): c’è chi ha lamentato o quanto meno registrato, come effetto della  crisi, la diminuzione drastica del numero delle standiste, bè a me è parso che tutto ciò fosse ampiamente compensato dall’aumento di altre belle femmine dall’abbigliamento “minimalista”, scarpe escluse, che si aggiravano ancheggiando tra i padiglioni e soprattutto intasavano gli specchi dei bagni oltre misura. Chi erano costoro?
Ritornando al vino naturale, il Vi.Vi.T batte resto del vinitaly, con qualche eccezione. Ovvia l’assenza di stand supermegagalattici, tutti i produttori dietro lo stesso banchino in legno, sopra al quale compariva scritto il nome dell’azienda in grassetto nero su cartoncino bianco, e sotto la regione d’origine (aggiunta a penna dai produttori stessi): troppo bello, troppo vero.  Un unico bicchiere consegnato all’ingresso e poi ritirato all’uscita, tanti vini buoni, vivi e stuzzicanti al naso. Insomma, il vinitaly mi è servito anche a appurare che i vini bio sono buoni e non “puzzano”..c’ho le prove!! 
Le altre cose appurate in fiera:
-         l’utilità dell’area lounge dell’AIS: dopo ore di cammino tra i vari stand, padiglioni e code per i bagni, la cosa più ambita non è un bicchiere di vino, ma una sedia, un qualunque punto di appoggio per le chiappe pesanti e qualche minuto di riposo senza brusio
- più che "i dieci volti del furmint", si è chiaramente manifestata la sua potenza: decine di puttonyos che si stratificano slla mucosa gastrica possono mettere a dura prova anche i sommelier più navigati e indurre a parlare, troppo, anche in inglese. oh yesss!!


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