Alla birreria tedesca di via Madonna della Tosse servono delle ottime birre belghe. Hihi, pare che vi stia a prendere in giro.. Ma non sto scherzando: accanto alle birre alla spina “hergestellt in Deutschland”, tra cui impera la Löwenbräu, affiancata da Spaten e Franziskaner, esiste una nutrita carta delle birre in bottiglia, in cui è il Belgio a farla da padrone.
Scorrendo la lista mi imbatto in nomi noti e in nomi sconosciuti e in qualche vero e proprio monumento brassicolo belga, come la St. Bernardus Prior 8. Mi fiondo a Watou porgendo le più sentite scuse alla bavaresi..sarà per la prossima volta.
Schiuma compatta e persistente, al naso regala tanti di quei profumi che a elencarli mi viene la noia pure a me, dalla frutta matura alle spezie alla frutta secca, caramella d’orzo, pane tostato/biscotto, tabacco dolce.
Bocca ampia, velluto in cui tornano le spezie, liquirizia in primis e poi pepe a renderla divertente e stuzzicante. Perfetto il bilanciamento dolce-amaro, con finale gradevolmente “secco”.
Il locale è praticamente deserto: c’è la partita dell’Italia agli europei. Per me che il calcio sta a quelli che lasciamo perdere..tutto ciò si traduce semplicemente in: parcheggio davanti al locale, ci arrivo in meno di venti minuti e ho a disposizione il cameriere, che vista la scarsa affluenza ha avuto tutto il tempo di illustrarmi come bere correttamente una birra. Ben vengano altre partite.
Ho appreso infatti che la schiuma è un’agente di protezione della birra molto importante, e quando la si beve, si deve cercare di preservarla e non ingoiarla col risucchio come invece si tende a fare. Perciò si porta il bicchiere alla bocca e mantenendo il gomito alzato, si segue il movimento del bicchiere, reclinando mano a mano la testa all’indietro: si beve e la schiuma resta. Mi muovo come una marionetta impacciata ma il trucco funziona.
Il ragazzo mi vede interessata e attenta a individuare profumi e aromi della mia Sint Bernardus, per cui tutto esaltato mi mostra il bicchiere Teku, il primo bicchiere “universale” messo a punto per la degustazione della birra. Uffa mi verrebbe voglia di travasarla da quella coppa che pare il Santo Graal in cui mi è stata servita (vedi foto), e versarla nell’esile e elegante bicchiere firmato Teo Musso, ma una possa così impavida porrebbe tragicamente fine all’intesa che si è creata con il gentile cameriere..
Convengo che la soluzione migliore sia ordinare un’altra birra e vado per una Bourgogne des Flandres brune, la birra acida a fermentazione mista. Il mio gentile cameriere personale la ordina proprio mentre entrano nel locale 4 ragazzi, per cui lui si “distrae” facendoli accomodare e porgendo loro il menu. Ed ecco che mi vedo arrivare la seconda birra nel solito calice benedetto (foto): datemi la spada nella roccia che me la conficco in pancia.
Questa birra appartenente al gruppo delle flemish sour red ale è appunto caratterizzata dalla spiccata acidità, conferitagli da una serie di fermentazioni a carico di batteri lattici, acetici, tale Pediococcus e pure del temuto Brettanomyces..
Il risultato non è male, ricorda il sidro, il succo di mela e la salsa al pomodoro. Con una fetta di strudel abbondante si può finire, da sola ho fatto un po’ fatica.
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