domenica 20 marzo 2016

BRUNNENHOF MAZZON. e altre personali considerazioni




Mi è seduto accanto. E’ stato un caso e devo ringraziare il mio arrivo in ritardo; tutti i posti erano già stati presi, e restava proprio quello lì, a fianco dell’ospite della serata, Kurt Rottensteiner, per tutti Brunnenhof a Mazzon. Volto timido, quasi imbarazzato nel descrivere alla tavolata i suoi vini. Non so se sia un pudore tutto atesino o semplicemente un tratto distintivo delle genti di montagna quell’essere schivi e poco loquaci. Veste una giacca in loden grigio, il classico taglio tirolese, con collo rigido e basso e rifiniture verde bottiglia. Da appassionata di escursionismo dolomitico, mi vengono in mente le domande più astruse e meno vinose che si possa immaginare, ma pare la formula vincente;  così una chiacchiera tira l’altra, Herr Rottensteiner si rivela più loquace di quanto ipotizzato e la conversazione scorre piacevole. Parte dal casello di Egna-Ora, la porta sul paradiso: quando vedo quel cartello verde sulla A22, comincio già a sentirmi meglio, sia che ci esca in  direzione della Val di Fiemme o della Val di Fassa, sia che lo superi diretta verso il Brennero.
“ti sei mai fermata a Mazzon?”
Mazzon è una spina nel fianco per me: sta lì ripido sopra il casello, al sesto tornante della statale a destra. Una posizione strategica, ma anche una fregatura. La voglia di posare lo scarpone sulle alte vie delle dolomiti è sempre troppo forte per una sosta a Mazzon all’andata. Al ritorno, al contrario, è sempre troppo tardi. Insomma finisce che non mi ci fermo mai nonostante tutti i buoni propositi al gusto di pinot nero. Sento che quest’anno potrebbe essere la volta buona.
In degustazione ci sono i 4 vini di Brunnenhof: L’incrocio manzoni “Eva” 2013, il gewurztraminer 2013, il lagrein 2013, il pinot nero riserva 2012. Più due sorprese di cui ci ha omaggiato: un gewurztraminer 2010 e un pinot riserva 2007, nonché un apprezzatissimo speck affettato al momento.
E il GW 2010 è davvero una gran bella sorpresa, che risponde parzialmente alla domanda che mi affliggeva dall’inizio della serata: “perché se fai 4 soli vini, uno di questi è GW?”
Non ce la faccio, la domanda mi scappa di bocca lieve e spudorata, senza che nemmeno me ne accorga. Ora chiama la sicurezza e mi fa sbattere fuori, penso. E invece ride, ipotesi che non avevo contemplato. Mi spiega che i vigneti a GW di maso Brunnenhof andranno a sparire, e saranno sostituiti da pinot nero. Perché in cantina neanche lo vogliono assaggiare dice ridendo: “GW per carità no!”. Rido anche io. Eppure quando mi iscrissi al corso per sommelier questo vino era il mio preferito, andava così di moda, se facevi l’aperitivo eri fico solo a ordinare il traminer aromatico. Guarda come cambiano le cose.. Mi sono andata a leggere un po’ di notizie al riguardo, e mi sono imbattuta in statistiche IRI aggiornate al 2014 che facevano registrare notevoli incrementi delle vendite di questo vino in Italia. Insomma se ne vende di più, ma se chiedi agli amici o conoscenti, nessuno lo beve, i più lo rifuggono. Pare la storia di Berlusconi, che è stato premier per vent’anni senza che nessuno lo avesse votato.
Ma leggendo sono venute fuori altre cose interessanti: si dice che il GW è un vino femminile. E ti pareva, quando c’è di mezzo roba rotonda e eccessivamente improfumata di rosa c’è dietro una donna. Oppure che in molte versioni risulta essere troppo faticoso da bere, difficile da abbinare a tavola, il vino che non si presta al bis di un bicchiere. Tra le soluzioni meno scientifiche ipotizzate per renderlo più appetitoso:  migliorarne l’appetibilità a partire dal nome e non uno scioglilingua dalla riuscita improbabile. E così sia al più presto.

Il GW del 2010 abbinato a degli gnocchi alla parigina con salsa di pecorino e julienne di mela verde mi è parso assai gradevole e per niente faticoso. Dimostra ancora che il GW ne guadagna se ha qualche anno sulle spalle e digerisce i 15 gradi dichiarati. Non posso non pensare che i GW di Brunnenhof potrebbero diventare una rarità, se decide per l’espianto; dice infatti col sorriso, ma anche con un po’ di rammarico, di non aver conservato uno storico delle sue annate..”io il vino l’ho venduto sempre tutto..”.  Peccato però, perché a me è parso un gran bel bere.



Credits foto:FISAR Firenze

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