Tra gli amici di Peter Brunel, che mensilmente animano The Circus, nel ristorante di Villa Il Palagio a Rignano sull’Arno, è la volta di Tomaz Kavcic.
Il vulcanico chef sloveno, altrimenti conosciuto come il “profeta del sale” ha letteralmente portato un pezzo del suo Pri Lojzetu nel Valdarno e io ne sono rimasta entusiasta. Ad entusiasmarmi non solo la cucina pulita, essenziale, concreta, ma anche il suo essere in prima linea a trottare emozionato e un po’ trafelato tra i tavoli, a servire di persona le sue creazioni, scandire il ritmo dello scoperchiare sincrono delle stoviglie, e raccontare ad ogni portata un po’ della sua terra, la valle del Vipava.
Per cui salsa al kren da spalmare sul pane, Terrano in foglie servito come antipasto ad accompagnare dei bignè ripieni di fegato d’oca e degli asparagi da bere.
A seguire un calice contenente filetti di trota marinati con zucchero e sale delle saline del parco naturale di Sicciole, avvolti su crostini di pane il tutto adagiato su crema di asparagi. L’affumicatura che si sprigiona dopo aver aperto il bicchiere ha sentori di timo limonato che poi si ritrova in polvere a completare con acidità e bella aromaticità questa preparazione di grande impatto visivo e gustativo.
A seguire capasanta cotta in crosta di argilla, mai mangiata prima (l’argilla), sebbene ne abbia spalmata a chili su viso e corpo nella speranza di una pelle liscia come seta.. Completavano purea di cavolfiore e salsa ai gusci di gambero e carote, finitura con spolverata di nero di seppia.
E poi gran finale con la simulazione della cottura sulla piastra al sale da lui stesso ideata: il sale gettato sulla griglia incandescente forma una crosta, sulla quale, per la cottura del branzino che ci è stato servito con salsa al bianco d’uovo, zucchine e mela, è stato nebulizzato un infuso di acqua e erbe aromatiche. Il risultato, un filetto di branzino in tutto il suo nitore e esattezza di sapore.
Ad accompagnare le pietanze gli champagne di Marguerite Guyot; particolarmente gradita la cuvée Désir 100% Pinot Meunier.
L’elegante sala è gremita e il pubblico non risparmia applausi per l’estroverso ed energico chef. Accanto a me l’amica Stefania Pianigiani; il nostro tavolo è leggermente decentrato ma ci permette comunque di avere una buon punto di osservazione sull’intera sala.
Dietro le nostre sedie fanno bella mostra di se tante belle bottiglie di preziosi distillati, alloggiate su una vetrina in cristallo sopra la quale insiste un mega schermo che proietta le immagini delle chef nel backstage.
A cena conclusa lo chef ci invita ad accomodarci in un altro locale per gustare il dessert. Con la mia consueta leggerezza elefantina, nell’infilarmi il soprabito urto una delle bottiglie dietro le mie spalle, che vola in terra. –E ti pareva!!-
Con lo sguardo pieno di terrore incrocio gli occhi della Stefania, che magistralmente trattiene una fragorosa risata, poi volgo lo sguardo verso la bottiglia sul pavimento: è intatta. Mi sento una miracolata. La raccolgo con entrambe le mani e la rimetto sullo scaffale tra gli altri preziosi distillati.
Con le lacrime agli occhi, tra la strizza e il ridere, ci avviamo nel Jazz Club sottostante per goderci un po’ di musica e uno spettacolare dessert servito tra nuvole di fumo grondante dai vassoi e un inebriante profumo di ginepro.
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