sabato 16 febbraio 2013

IDENTITA' GOLOSE E IL VALORE RIVOLUZIONARIO DEL RISPETTO


Al rientro dalla trasferta milanese in occasione della nona edizione di Identità Golose mi accingo a disfare la valigia colma di idee, stimoli e qualche brochure. Prima di partire discutevo con alcuni colleghi ristoratori che stavolta hanno disertato il congresso, che esprimevano commenti fin troppo disillusi del tipo: “non ho più voglia di ascoltare della filosofia”, “tutti quei bei discorsi, in questi tempi bui mi suonano come aria fritta..”
Parole che mi si sono stampate in testa, che mi han fatto pensare durante tutta la kermesse, e ora a congresso finito provo a riordinare le idee.
Il Valore Rivoluzionario del Rispetto, il tema centrale di questa edizione; non solo rispetto per la natura, per le materie prime e per la tradizione, ma anche rispetto per il cliente, e vivaddio rispetto per il lavoro del cuoco e collaboratori. E poi il rispetto per noi stessi e come affermava giustamente Paolo Marchi, il rispetto per la verità che non è solo la nostra, a maggior ragione in cucina “dove lo scambio è continuo e globale”.
Ma ha davvero senso parlare di rispetto ai tempi della crisi o è aria fritta come paventavano quei miei colleghi?
Si ha senso, eccome, e non perché lo dico io, ma perché gli interventi che si sono susseguiti nelle varie sale lo hanno ampiamente dimostrato.
Il rispetto dell’ingrediente, ma più rivoluzionario ancora il rispetto della tradizione gastronomica, è stato l’aspetto centrale, quasi sempre accompagnato dal rispetto per le tasche del cliente, sempre più vuote ai tempi della crisi. Ma facciamo degli esempi.
Risotto alla parmigiana classico arricchito da un’esplosione di sapori derivanti  da una manciata di polvere di lenticchie tostate; scaloppina al limone ma con carne di vitello cruda: di aria fritta neanche l’ombra, solo capperi fritti per dare croccantezza. Carlo Cracco.
Ma ai tempi della crisi rispetto per la materia prima e rispetto per il cliente e per i suoi soldi è anche il non buttare via niente, che non significa mangiarsi un pomodoro acerbo dell’orto a fine stagione, perché ormai manca il calore per una giusta maturazione, ma usare quel pomodoro verde per estrarne dell’acqua la cui componente acidula sarà preziosa per realizzare marinate, fare aceti, vinagrette, sorbetti. Bravo David Kinch. O ripensare uno chateaubriand come un filetto di sedano rapa anziché di carne e trattarlo alla stregua del pezzo più pregiato dell’intero manzo. Costo del piatto quanto mai contenuto. Chef Scabin mi vuoi sposare?
Ma il vulcanico chef di Rivoli va oltre, e arriva fin su nello spazio e lo fa con 300 pasti commissionati dalla NASA per gli astronauti che si lanceranno nello spazio il prossimo giugno. Space food è davvero un menù “stellare”: parmigiana di melanzane, risotto al pesto, lasagne, verdure al salto, tiramisù. Disidratati e confezionati in buste sottovuoto da reidratare al momento dell’uso. Cibi il più integri, profumati e accattivanti possibile, per risollevare il morale degli astronauti costretti in solitudine per mesi. E se questa è filosofia io mi chiamo Claudia Schiffer.
Nel concetto di rispetto per la materia prima è insito pure il rispetto per chi la produce, per quegli artigiani del gusto che dedicano fatica e sudore a produrre quel formaggio, quel salume o quell’olio straordinario.
Non solo: se all’Osteria Francescana troviamo in carta il cotechino, cotto a vapore nel lambrusco, accompagnato dalla sbrisolona in un Viaggio da Modena a Mirandola, qui il rispetto si fa aiuto concreto verso quei prodotti e quelle popolazioni colpite dal terremoto. Un piccolo contributo se effettuato da un singolo, ma grazie anche a questo congresso il messaggio si fa mondiale. .. ecco l’importanza di essere qui, nel periodo del grande freddo.
Infine, il sogno, quello che forse intendevano i miei colleghi con la parola filosofia: affinché il gelo e la paura del futuro incerto non blocchino i nostri cuori, non intorpidiscano la passione che ci motiva ogni giorno, c’è bisogno del sogno più che mai. Hai ragione Massimo Bottura.

In conclusione la speranza è quella che quei miei colleghi dubbiosi l’anno prossimo decidano di non ridisertare l’appuntamento milanese e sfidino con me la tempesta di neve che matematicamente accompagnerà anche la decima edizione di Identità Milano..

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